IL SAN CARLO. NAPOLI CAPITALE DELLA MUSICA
Se Venezia aveva visto l’opera uscire dalle corti e diventare
un fenomeno commerciale, il più importante centro musicale in Italia
per tutto il XVIII secolo fu Napoli e, almeno fino a metà del XIX secolo, insieme a Vienna e Parigi, una delle grandi capitali
della musica in Europa.
Il compositore inglese Charles Burney, amico dell’Ambasciatore inglese Lord Hamilton (la cui moglie era stata l’amante dell’ammiraglio Nelson), scrive, nel suo “Viaggio musicale in Italia” del 1770, che “il teatro era sfarzosamente illuminato e incredibilmente affollato di un elegante pubblico […], le candele dei palchi riflesse dagli specchi
e moltiplicate dalle luci del palcoscenico producevano
un splendore abbagliante per gli occhi”.
Da quando il San Carlo aprì i suoi battenti, si affermò come il più importante teatro d’opera europeo, tenuto conto che la città che lo ospitava era, a sua volta, con i suoi quattro importanti conservatori risalenti al XVI secolo, una capitale della musica in Europa.
Le vicende del San Carlo s’intrecciano con quelle del Regno di Napoli. Uno snodo fondamentale nella storia del teatro è rappresentato dall’entrata in città di Giuseppe Bonaparte, fratello maggiore
di Napoleone, nel febbraio del 1806, alla testa di un corpo
di spedizione franco-italiano.
In questo modo il finanziamento della produzione operistica poteva essere assicurato non soltanto con la vendita dei biglietti per i singoli spettacoli o in abbonamento (una novità per il costume italiano), ma anche dagli introiti derivanti dai giochi.
La stessa formula organizzativa consentì poi a Barbaja di esportare cantanti e musicisti in altri teatri; nel 1822, egli assunse la direzione dei teatri viennesi e vi fece debuttare con straordinario successo la compagnia napoletana con la Cobran (moglie di Rossini), Nozzari, Rubini, Nourrit e Lablache. La diffusione delle opere di Rossini e dei suoi cantanti del San Carlo raggiunse e conquistò anche Parigi quando, nel 1825, il compositore fu nominato direttore artistico del Theatre des Italiens. In quella veste organizzò una vasta serie di scambi di cantanti tra Parigi e il San Carlo. L’intuito che Barbaja aveva avuto con Rossini lo assistette poi anche con altri musicisti: chiamò a Napoli il debuttante Bellini e mise in scena gran parte della produzione di Donizetti. Egli continuò a occuparsi sempre di teatro fino alla morte, avvenuta per apoplessia, nella sua villa di Posillipo il 19 ottobre 1841.
Il San Carlo è sopravvissuto a queste vicende e, pur cedendo lo scettro dell’egemonia dei teatri lirici italiani alla Scala di Milano nella seconda metà del XIX secolo, ha continuato a rappresentare un fondamentale punto di riferimento per gli spettacoli operistici in Italia e in Europa, tenuto conto che ai suoi spettacoli hanno preso parte
i più grandi cantanti, i direttori d’orchestra
e i registi più famosi fino ai nostri giorni.
Si può ritenere che l’Opera sia una delle forme più complesse e affascinanti – ma anche più costose – di espressione artistica esistenti: la musica, il canto, la recitazione e la scena si fondono in un unicum che, da quando è nata in Italia all’inizio del XVII secolo, come raffinato svago di colti aristocratici (si pensi all’Orfeo di Claudio Monteverdi, rappresentato il 24 febbraio 1607 nel Palazzo Ducale di Mantova), si è poi rapidamente diffusa, appassionando tutti i pubblici, prima in Europa e poi nel resto del mondo.
Le foto sono state gentilmente concesse dal Teatro San Carlo di Napoil