MYRRHA PER LA SICILIA: UN DONO di Carmen Lasorella – Numero 10 – Marzo 2018
Nel Sud dei segni meno, con le cronache dell’abbandono e del degrado, i valori della storia e della bellezza diventano più forti, perché vincono la caducità del quotidiano.
Il percorso scelto da Myrrha ė così insolito, da diventare esclusivo. Racconti sul web, senza fatica, che poi diventeranno specchi di carta limpidissimi nei quali continuare a riflettersi, ritrovando il profilo più prezioso del Sud, fatto di uomini, luoghi e sfide riuscite. O quasi.
Lo sforzo non si avverte, perché le occasioni di racconto sono infinite. Basta andarle a cercare.
Nello speciale di Myrrha dedicato alla Sicilia, si va dalle architetture fraintese di Gibellina al mecenatismo ibleo, per arrivare alla centralità di Siracusa nella cultura della giustizia. E si continua con l’arte declinata nel piacere di una collezione contemporanea a Palermo o con la creatività che coinvolge i sensi tra pittura e narrazione, fotografia e poesia, in una cornice insolita quale quella di Caltanissetta. Non manca il brontolio sordo dell’Etna, che brucia miti e visioni, magma e fuoco perenne; mentre sullo sfondo del Mar Mediterraneo si stagliano le memorie di antichi e nuovi relitti, offerti all’immagine e consegnati alla testimonianza. Ci sono poi la tradizione e la fede, che si fondono nel barocco di Catania, la stessa città per la quale l’università di Enna immagina micro-interventi di agopuntura urbana tra i colori e i profumi della Vucciria di Guttuso. E Palermo, capitale della cultura, va oltre i muri, edificando ponti e crocevia, guardando all’Europa, comunque terra di poeti, scienziati ed anche pescatori, che -come cantava De Andrè- “qualsiasi cosa tu gli confidi, l’hanno già saputa dal mare”.
L’isola più intensa del Mediterraneo concentra dunque in sé il senso e le contraddizioni del Sud. Evocando Sorrentino, La grande bellezza e lo sfascio disperato di una società oramai degradata, che il regista descrive quasi con crudeltà.
Eppure, la speranza non può morire.
Proprio Gibellina, negli anni ’70, dopo le devastazioni del terremoto, fu capace di esprimere la tenacia di un uomo, che insieme ad altri uomini capì che non basta ridare un tetto a chi l’ha perduto. Il sindaco di quella città si oppose alla ricostruzione, che non ricostruisse anche il senso della comunità e ignorasse la bellezza. Un tema attualissimo e destinato a rimanere attuale in un paese ad alto rischio sismico, come l’Italia. Gibellina, nella visione di quell’uomo doveva rinascere più bella di prima, con il contributo di artisti e di uomini di cultura. Anche Burri immaginò un’opera per Gibellina: il cretto. Una fenditura, un segno profondo, comunque una cicatrice, non per cancellare la ferita, ma per guarirla.
In quella sfida, che purtroppo non è stata vinta appieno, c’è una storia che si ripete. Come scriveva Sciascia: “ lo Stato non era pronto, né incline, ad accogliere un’istanza di ricostruzione, che non fosse una ricostruzione della miseria…sperava nella fuga, nell’abbandono..”
Cosa è successo dopo nel Sud? In Basilicata? In Irpinia? In Molise? Nelle Marche? In Abruzzo? Perfino nel Lazio, che è un po’ più in su, ma non abbastanza come nel caso dell’Emilia Romagna? Terra colpita dal terremoto, ma con le attività produttive che non hanno mai smesso di funzionare?
Hanno continuato a costruire le casette, laddove ridare un tetto a chi l’ha perduto, appunto, non basta. Si sono allora ripetute le storie di miseria e le storie di fughe e di abbandono, benché ci siano risorse immense, come nel caso della Basilicata del petrolio. Facciamo però una considerazione: è vero o non è vero che proprio la Basilicata oggi è conosciuta in Italia e nel mondo grazie alla scelta di fare di Matera una Capitale Europea della Cultura?
Come a Gibellina negli anni ’70, anche per Matera, nella percezione dei più, ha funzionato il sogno, il dialogo senza tempo nel segno della bellezza assoluta. Eppure, Gibellina non è stata una sfida vinta appieno. Per Matera si annuncia lo stesso rischio. In una terra, che vede flussi di turisti e di risorse incredibili, dove sono le infrastrutture? Quali acceleratori si sono messi in campo? E i nuovi modelli? Quanto si è investito nel capitale umano di qualità?
Ancora una volta, la cattiva politica e le classi dirigenti che la impongono hanno impedito la partecipazione attiva e fattiva dei cittadini. Per loro non vale neanche più la legge del 2%.
Ovvero? Una legge, che venne chiamata così oramai quasi mezzo secolo fa, perché destinava il due per cento della spesa pubblica edilizia al decoro dei luoghi e al fregio dell’arte. Allora si considerò che fosse troppo poco… come potrebbe bastare oggi, che non viene neanche applicata?
Ecco allora il senso di Myrrha, che cerca le matrici perdute del Sud, capaci di incidere sui luoghi e nei cuori delle persone, sicura che l’altissima capacità di resilienza delle donne e degli uomini che vivono sotto un cielo colorato di indaco e comunque educati alla bellezza, possano ricreare orizzonti possibili. Sul piano economico, sostenibili.
MYRRHA PER LA SICILIA: UN DONO