ritardi e i limiti del Sud più irriducibile, dove i sedimenti del passato passano dalle pietre all’anima. Con la designazione a capitale della cultura europea nel 2019, si è dilatata l’iperbole del possibile. In una città che non è servita da un treno veloce, che non ha un porto, né un aeroporto, con strade improbabili e attività economiche decotte, si ragiona di platee internazionali e di orizzonti spalancati, senza porsi il senso del limite o la misura. E’ inebriante l’euforia che ha pervaso i luoghi e chi li abita, quasi una malia. E’ come se l’atavica rassegnazione del Sud si fosse frantumata nell’aspettativa di una trasformazione radicale “a prescindere”, per il solo fatto che la scelta europea ne farà comunque una capitale.
MATERA É UN MONDO A PARTE
Cavalca la fantasia di una realtà immaginaria quasi che fosse il pianeta di Saint Exupéry, con il Piccolo Principe innamorato della sua rosa, ma sconta i
Non è arrivato anche Ben Hur con la sua quadriga? Il fasto millenario dell’impero di Roma è stato evocato proprio qui, tra quinte di cartapesta e tufo della murgia, con Morgan Freeman, il grande attore di Menphis, magnetico nel suo sguardo di ebano e Jack Huston, che prova a reggere il confronto con Chalton Heston, in un remake digitale del colossal americano, che vinse 11 Oscar negli anni ’50. Matera, un set, dunque, intanto. E nella finzione cinematografica, la promessa di un mondo migliore dove vincono i buoni sui cattivi, con il primato della fede in Dio, che spazza via gli idoli pagani. Non importa se il circo di una produzione movie nel giro di pochi mesi ha smontato le tende, riavvolgendo le bobine chilometriche dei suoi cavi volanti e con essi il senso della precarietà di un’avventura: i riflettori hanno illuminato la notte materana. I cittadini, che pure si sono dovuti accontentare di rimanere dietro le transenne di una quotidianità che è rimasta distante, potranno ammirare la loro città in una poltrona di prima fila sullo sfondo di un sogno.
Ecco, è questo forse il segreto dell’alchimia materana: il rapporto con la città da parte di chi ci è nato o la vive. A prescindere dall’età dal genere o dall’estrazione, Matera provoca incanto, ammirazione, crea una relazione soggettiva, che si fa magnetica. I Sassi incastonati sulla collina, nella sapienza di popoli primitivi e rielaborati dal tempo nelle architetture di ogni epoca, sono uno spettacolo. Si può parlare di magia. Si provano emozioni intense, si vive il piacere, si gode la bellezza. Ci si ritrova come in uno spazio acronico che include e moltiplica. E’ così immediato il senso dell’unicità e la specialità dell’atmosfera, che ne sono contagiati soprattutto i più giovani, oramai abituati alla dimensione virtuale. Qui lo stupore è immanente e riprodotto in 3D.
Nel dossier preparato per la commissione europea, che ha vagliato la candidatura di Matera, in apparenza in svantaggio rispetto alle altre concorrenti blasonate, sono stati enumerati i pregi e le virtù, ma anche i progetti in cantiere per l’appuntamento del 2019. Si è trattato di una sorta di cahier du bonehur, che ha suscitato non poche critiche, ma che ha fatto effetto. La sfida è di quelle che possono segnare la storia ed entrare nella leggenda. L’anatroccolo che diventa un cigno. Il progresso che arriva con la cultura. Gli sprechi e l’approssimazione del Sud dimenticato, che virano verso un futuro operoso, dove la genialità meridionale e l’identità territoriale portano sviluppo e seminano legalità. Un’occasione ghiotta, nella lungimiranza illuminata di una decisione non facile. Toccherà ora agli interpreti.
Matera, negli ultimi mesi, è stata teatro delle grandi manovre per il rinnovo della giunta comunale, con la poltrona di sindaco contesa dai partiti e dalle liste civiche. Mai come questa volta si è trattato di una competizione allo spasimo, affollata, imprevedibile. La posta in gioco e soprattutto le risorse che pioveranno sulla città hanno alimentato gli antagonismi e le ambizioni, anche gli appetiti. E’ stato il tutto per tutto e il tutti contro tutti. Ma se poteva essere l’irripetibile occasione per un voto d’opinione nell’attenzione dei media nazionali e delle politiche per il Sud – che sarebbe stato di per sé un nuovo principio – ci si è limitati invece ad una kermesse dai confini locali e così per gli interessi. Il risultato ha premiato la discontinuità rispetto ai precedenti equilibri politici, senza però cambiare gli attori e ancor meno le logiche della politica di sempre, che costruisce alleanze di poteri e non di scopi. Dato positivo, però, la partecipazione, altissima, e il pathos, che si manifesta con la partecipazione.
Nella città dei Sassi, forse, si potrebbe davvero avviare un percorso verso nuovi traguardi. Sarebbe la scommessa già vinta da Matera e da tutto il Sud. La speranza che può nascere quando c’è un’opportunità, dimostrando che esiste una cura possibile anche per un corpo trascurato, che voglia lasciare al passato la marginalità.
La questione dunque va a spostarsi sulla portata del cambiamento. Servirebbe a poco una fabbrica di eventi – come alcuni immaginano – perché la sfida culturale è crescita sociale, coesione, sviluppo armonico di un territorio e delle sue infrastrutture, tradizioni e tecnologie, sentimento e razionalità. I Sassi dovranno imparare a difendere la propria anima, ma dovranno farlo anche le periferie, dal rischio di diventare il fast-food dei turisti e il loro albergo. Toccherà alle donne e agli uomini di Matera, insieme agli altri che da questa città sono attratti, diventare i garanti della transizione. Il loro impegno ne sarà lo strumento. La prospettiva di capitale europea della cultura, anche se solo per un anno, è l’investimento che può lasciare traccia per sempre. Lo stupore immanente dei luoghi, riprodotto in 3D, che ammalia anche i giovani dell’era digitale, dovrà poter rappresentare il loro futuro. E’ questa la cifra concreta, che farà la differenza.