LE MINNUZZE DI SANT’AGATA
È indiscusso il coraggio dimostrato dalla giovane Agata – nata a Catania nei primi decenni del III secolo – che, eludendo ogni lusinga del prefetto romano Quinziano, non si concede, fedele ai suoi convincimenti, e viene, quindi, torturata nelle parti negate, fino a staccarle i seni, per, infine, perire, martire annoverata del cristianesimo primitivo.
Il suo è un esempio unico che ci perviene da fonti storiche, intrecciate a una forte tradizione popolare. Tuttavia, la dedizione per la strenua fanciulla – eletta più tardi patrona di Catania – si è espressa quasi subito. Prova ne danno gli Atti dei Martiri.
Quinziano, respinto, ordina di far rotolare Agata nuda, su lapilli incandescenti. Proprio in quell’istante un violento terremoto
scuote la città. La popolazione, convinta che il sisma fosse punizione divina, si precipita inferocita al pretorio,
costringendo Quinziano a sospendere l’esecuzione.
Ad Agata sono rimaste solo poche ore.
“Sant’Aita, Sant’Aituzza bedda”, presero a invocarla subito, in quell’idioma musicale, i suoi concittadini: a tutt’oggi, più che mai, presente nella memoria collettiva di Catania e della Sicilia; supplicata, persino, dai Giudei e da altre confessioni. I miracoli attribuiti per Sua intercessione sono davvero tanti: il primo si verifica a un anno dalla sua morte, il 5 febbraio 252 d.C. L’Etna, l’imponente vulcano che circonfonde Catania e la pianura sottostante, emette una forte eruzione.
Gli abitanti – sapendo che l’avanzare della lava significa sempre distruzione – tentano il tutto, invano, e, non rassegnati, si avviano incontro a quell’inferno con il Velo della Santa: e il prodigio avviene. La colata, molto vicina alla città, si arresta
solo davanti all’antico cimelio di Agata.
Da questo evento, ha inizio l’inestinguibile devozione di Catania verso la sua Santuzza. E così, dalla storia –leggenda testé evocata, l’Etna, Sant’Agata, Catania e i suoi cittadini si sono accomunati in parallelo per sempre. Tanto che, per ricordarla, hanno istituito due feste annuali: una di tre giorni in febbraio, l’altra in agosto. Nel 2002, l’Unesco ha dichiarato queste festività “Patrimonio dell’umanità”.
Inoltre, proprio per non smarrire l’umano senso del possesso,
i siciliani hanno arricchito il loro pregevole valore gastronomico con un dolce ormai classico, proprio in onore della loro beniamina: le cassatelle di Sant’Agata (Minne di vergine).
Altra cronaca riguardante Sant’Agata, evocata nel tempo per via orale, narra quando Papa Innocenzo III nominò re di Sicilia l’imperatore di Germania, Federico II e buona parte
degli isolani non si trovò d’accordo.
Ma i segni barocchi di Catania sono sparsi un po’ ovunque.
Edifici monumentali, vestigia storiche, attestanti culture
di varie età, ma anche devozione per Sant’Agata
della sua città e della Sicilia, condivisa anche
dalle nuove generazioni.
E l’accostarsi alle Cassatelle di Sant’Agata
(Minne di vergine) è, per tradizione, l’interloquire tacito trasformato in realtà, Epifania per i fedeli
e i cultori del gusto.