LA PUGLIA ALL’ASSEMBLEA COSTITUENTE di Giannicola sinisi – Numero 6 – Ottobre 2016

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LA PUGLIA ALL’ASSEMBLEA COSTITUENTE

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1. In un’epoca in cui il massimo degli approfondimenti concepibile è un quarto d’ora di navigazione su Google e le modifiche alla Carta fondamentale che sancisce il sacro Patto di unità della Nazione si misurano con la capacità di far cadere o meno il Governo, è utile ricordare che non è sempre stato così.

C’è stata una stagione di grandi personalità, che sviluppavano il loro talento e le loro conoscenze nella società per metterle poi al servizio dell’intera comunità, coltivando ambizioni collettive il cui unico denominatore comune era il miglioramento delle condizioni di vita di tutti ed il rafforzamento delle istituzioni democratiche.

La Puglia è stata una terra generosissima nel fornire un contributo fondamentale allo Stato italiano sin dalla nascita della Repubblica.
Il 2 giugno 1946, per la prima volta a suffragio universale, non solo venne distribuita una scheda elettorale nel referendum per la forma dello Stato, ma anche, dopo 22 anni, una scheda per l’elezione del nuovo Parlamento, l’Assemblea Costituente.
Vennero eletti 556 deputati, con l’incarico di approvare la nuova Costituzione, di dare la fiducia al Governo, di ratificare i Trattati internazionali.
Solo 75 di questi Parlamentari entrarono a far parte della Commissione per la Costituzione, ovvero quella che aveva lo scopo di redigere il Progetto generale della prima Costituzione Repubblicana.

Fra questi autentici Padri costituenti, vi furono alcuni pugliesi che hanno illustrato la Nazione come veri Maestri di politica, di etica e di diritto, per formazione culturale, spinta ideale e visione generale.

Giuseppe Di Vittorio e Aldo Moro, ad esempio, hanno legato la loro stessa esistenza alle sorti del progresso civile e sociale dell’Italia, accompagnandola anche nei momenti più drammatici; ma

la raffinatezza intellettuale e l’altissimo contributo scientifico di Giuseppe Codacci Pisanelli alla Costituente rimangono ineguagliabili.

2. Giuseppe Codacci Pisanelli nacque a Roma il 28 marzo 1913, in una famiglia di illustri giuristi.
Lo era il padre, Alfredo Codacci Pisanelli, che fu avviato agli studi giuridici dal patrigno Giuseppe Pisanelli, che, non potendolo adottare poichè alla sua morte era ancora minorenne, volle che prendesse anche il suo cognome.
A quest’ultimo si deve il legame con Tricase, dove era nato e dove portò la famiglia Codacci, dopo il matrimonio con Bianca Naldini, vedova di Luigi Codacci, e madre di Alfredo.
Giuseppe Pisanelli (Tricase, Lecce, 1812 – Napoli 1879), avvocato ed accademico di chiara fama a Napoli, deputato nel Parlamento napoletano nel 1848, liberale e antiborbonico, fu costretto alla fuga, perseguito da una condanna a morte in contumacia. Nel 1860, tornato in patria, fu anche per 22 giorni ministro della Giustizia con Garibaldi e, dopo ancora, nei Governi Farini e Minghetti, oltre ad essere eletto deputato nel primo Parlamento dell’Italia unita dal 1860 al 1867. A lui si deve il codice civile e di procedura civile durante il suo incarico di Governo, oltre ad essere stato autore di numerose pubblicazioni.

Alfredo Codacci Pisanelli (Firenze 1861 – Roma 1929), dopo la laurea in giurisprudenza a Napoli, decise di completare la sua formazione a Berlino. Rientrato in Italia a soli 24 anni iniziò la sua carriera accademica nell’Università di Camerino, proseguendola a Pavia, Pisa e Roma nella cattedra di diritto amministrativo.

Iniziò la sua carriera politica nel 1897, quando fu eletto deputato nel collegio di Tricase, dove fu rieletto più volte. Alla discussione politica preferiva la cura del progresso materiale del Salento, occupandosi del progetto per l’acquedotto pugliese, della necessità di una prosecuzione della ferrovia nella zona del Capo di Leuca, dei lavori per il porto di Castro, dei progetti di bonifica in Terra d’Otranto, del servizio postale da Lecce a Otranto e a Gallipoli.
Fu sottosegretario al Tesoro ed all’Agricoltura nei Governi Giolitti e Sonnino, rimanendo liberale e conservatore anche dopo l’ascesa al potere di Mussolini, aderendo al Fascio parlamentare e poi nazionale, senza, però, mai perdere la sua originaria impostazione ideologica.
Pur non partecipando alla scelta Aventiniana dopo l’omicidio Matteotti, e rimanendo in Parlamento con le forze liberali, votò “con una piccola minoranza contro la proposta di legge di Farinacci per la riforma elettorale (16 gennaio 1925), contro la legge che limitava la libertà delle associazioni (19 maggio 1925), e contro la dispensa dal servizio dei funzionari dello Stato “sospetti” di antifascismo (19 giugno 1925)” consumando il suo strappo dalle posizioni mussoliniane.1

I cenni biografici dei suoi predecessori aviti segnano in qualche misura il destino intellettuale e politico di Giuseppe Codacci Pisanelli (Roma 1913- 1998), ed il suo legame con la Puglia ed il Salento:

Professore ordinario di Diritto Amministrativo; Rettore dell’Università degli Studi di Lecce; Rettore del Consorzio Universitario Salentino; Pretore di Tricase; Sindaco di Tricase dal 1962 al 1968; componente dell’Assemblea Costituente; più volte Deputato; Ministro della Difesa nell’ottavo gabinetto De Gasperi; Presidente dell’Unione Interparlamentare; Ministro per i rapporti con il Parlamento nei governi Fanfani e Leone. 
Se ne riconoscono i tratti dell’indipendenza, dell’autorevolezza, della sagace visione politica, del legame profondo con il territorio di appartenenza e di elezione, dello spessore culturale, della proiezione internazionale.

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Ma e’ dalla lettura dei suoi interventi all’Assemblea Costituente che se ne ricava con maggiore efficacia il senso di come le conoscenze giuridiche e la sensibilita’ politica abbiano offerto al nostro Paese una prospettiva di grande rilievo democratico e di perfezione tecnica che ancor oggi merita di essere non solo ricordata, ma soprattutto ristudiata.

Così come la sua serietà politica ed accademica emerge già dall’approccio a questo suo delicatissimo incarico: in preparazione alla sua elezione all’assemblea Costituente ed alla sua nomina nella Commissione per la Costituzione, la Commissione dei 75, si premurò di pubblicare il volume “Analisi delle funzioni sovrane” edito a Milano dalla Giuffrè, nel 1946.

3. Gli interventi di Giuseppe Codacci Pisanelli all’Asseblea Costituente sono numerosi e toccano molti aspetti della nostra Carta Costituzionale.
Di essi, alcuni hanno maggiore rilevanza per la loro completezza, ma soprattutto perche’ il suo pensiero giuridico e politico, di scuola anglosassone, determinò la posizione dell’intera Democrazia Cristiana, il partito per il quale era stato candidato ed eletto.
Egli, infatti,

l’anno dopo la laurea in giurisprudenza, nel 1934, aveva trascorso sei mesi di studio ad Oxford, partecipando alla vita assembleare della Oxford Union Society.
Si tratta di due temi, in particolare, la cui centralità e rilevanza nel definire l’architettura di una democrazia parlamentare sono di vitale importanza: il bicameralismo ed il sistema dei decreti legge.

Il primo risultò minoritario al voto dell’assemblea e non venne approvato, e pur tuttavia introduce argomenti di formidabile attualità.
Il secondo e’ una guida contro gli abusi del sistema che, ancora oggi, molti politici e studiosi, farebbero bene a rileggere.
Giuseppe Codacci Pisanelli era fermamente convinto della bontà del sistema bicamerale, anzi della sua necessità, ma raccomandava una seconda Assemblea legislativa basata su un principio di rappresentanza di categorie sociali ed interessi, essendo convinto della multipolarità di una società complessa (Seduta plenaria dell’Assemblea Costituente del 10 settembre 1947).
A sostegno della tesi di Codacci Pisanelli intervennero, per la Democrazia Cristiana, anche Aldo Moro e Attilio Piccioni. Lo stesso Costantino Mortati aderì a tale impostazione di una seconda Camera delle categorie sociali e delle autonomie locali, nei lavori della Costituente, modificando il suo orientamento a favore dell’attuale bicameralismo perfetto solo nel 1962, nella pubblicazione del suo notissimo manuale “Istituzioni di diritto pubblico”. 2
Quanto al decreto legge, Giuseppe Codacci Pisanelli può esserne considerato a buon diritto il Padre costituente. 
La materia era stata avversata nella seconda sottocommissione di cui faceva parte, sino ad escluderne del tutto la possibilità di emanazione da parte del Governo.

La preoccupazione degli abusi del passato era una ferita che bruciava ancora sulla pelle di quanti si accingevano a strutturare le fondamenta della democrazia repubblicana.
Pur tuttavia, Codacci Pisanelli sin dal primo momento, con una lezione di realismo e con una formidabile capacità di leggere le dinamiche dello Stato, ben oltre le barriere ideologiche ed i rancori del passato, sostenne, con le ragioni della logica, l’esigenza di dotare il Governo della potestà legislativa ordinaria in casi di necessità ed urgenza, precisandone i limiti.

Il testo che noi conosciamo nell’art. 77 della Costituzione venne approvato dall’Assemblea Costituente dopo un suo mirabile intervento del 19 settembre 1947 che suscitò una notte di ripensamenti della Commissione, determinandone l’approvazione.
La serena e lungimirante visione politica e giuridica, all’indomani delle distruzioni della guerra, in una società ancora dilaniata da divisioni e conflitti interni, è un insegnamento più grande della stessa perfezione tecnica degli emendamenti che propose.
La sua non fu una graziosa concessione di poteri di ordinanza al Governo, ma un atto di fiducia nella funzione di controllo politico del Parlamento e nella funzione di controllo giurisdizionale della Corte Costituzionale, secondo lo schema per il quale è proprio il sistema dei controlli che qualifica il grado di efficienza ed il valore di una democrazia.

Si dice che conoscere la storia aiuta ed evitare gli errori del passato. Ma quando la storia non ha commesso errori, c’è solo da augurarsi che possa ripetersi.

1 Dizionario biografico Treccani.
2 Codacci Pisanelli e la Costituente, di A. W. Pankiewicz, Napoli, ESI, 1995

 

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