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IL VENTRE DI NAPOLI NASCONDE UN FANTASMATICO MONACO BAMBINO di Francesca Romana De Paolis numero 31 ottobre novembre 2024 Ed. Maurizio Conte

 

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IL VENTRE DI NAPOLI NASCONDE UN.FANTASMATICO MONACO BAMBINO

 

Soffia nelle orecchie di chi dorme, arraffa oggetti nelle case dei malvisti, accetta di buon grado le monete, spesso è foriero di buona sorte e si diverte a corteggiare le belle donne. 

Si tratta del 

 

Munaciello, il più stimato e temuto, il più antico e rispettato spirito 

del folklore partenopeo.


lMatilde Serao, celebre giornalista e scrittrice napoletana, racconta che le origini di questo piccolo monaco dispettoso, potrebbero essere legate a una vicenda accaduta intorno alla metà del Quattrocento a Napoli, durante il regno di Alfonso V d’Aragona.   

 

All’epoca, si consumava in gran segreto una storia d’amore tra Caterina Frezza, figlia di un ricco mercante di stoffe e il garzone Stefano Mariconda. Per raggiungere nottetempo la sua amata, sembra che Stefano, non gradito dalla famiglia di Caterina, dovesse arrampicarsi e camminare sui tetti della città. Una sera sventurata egli cadde e morì. 

Poco dopo, la sua Catarinella fu rinchiusa in un convento e diede alla luce un bambino malformato. Le suore, allora, accorsero in aiuto vestendolo con abiti monacali, per nascondere le sue deformità.

 

Quando fu in grado di camminare, questi se ne andava in giro 

per il quartiere Porto con saio e cappuccio alla francescana. 

Si guadagnò così il soprannome di “Munaciello” (piccolo monaco). 


Secondo la leggenda egli scomparve prematuramente e da allora si iniziò a credere che la sua anima girasse per Napoli e avesse misteriosi poteri magici.   

 

È possibile che un rifugio del monaco bambino si trovi a Marina del Cantone e più precisamente nella Torre di Montalto, presso Sant’Agata sui Due Golfi a Massa Lubrense. Altre voci raccontano che il Munaciello abiti le vecchie abbazie e i monasteri del centro di Napoli oppure le ville partenopee.

All’origine rinascimentale dello spiritello esoterico se ne aggiunge un’altra, 

legata al Sette-Ottocento.


E, in particolare, alla figura dei pozzari. Uomini minuti, abbigliati con mantello ed elmetto, dunque simili a piccoli monaci, che si occupavano della manutenzione e la pulizia delle cisterne in tufo che costellano la Napoli sotterranea. Le cisterne avevano cunicoli verticali scavati nella roccia, collegati direttamente ai soprastanti palazzi nobiliari.

 

Si racconta che, grazie alla facilità con cui i pozzari avevano accesso alle case, 

essi di tanto in tanto – specie quando non venivano retribuiti – vi sostassero 

per fare uno spuntino, conquistare la donna del focolare e rubacchiare. 

Ancora oggi se qualche oggetto domestico scompare, 

a Napoli si dice che è stato il Munaciello.


Insomma, tutto porta a credere che si tratti di una presenza bizzarra e un po’ canaglia. Però le sue apparizioni, sia reali che in sogno, sono descritte come miracolose, poiché il monaco indica a chi lo vede i numeri fortunati da giocare al Lotto e realizza i desideri. Questo a patto che nessuno riveli la sua presenza, poiché farlo porterebbe invece la cattiva sorte. 

La duplice e ambigua natura dello spiritello – generosa e molesta, irriverente, ma anche sacra, disturbante e sorprendente – lo rende simile ad una sorta di allegoria del destino. Non a caso un antico proverbio napoletano recita così: “O Munaciello: a chi arricchisce, a chi appezzentisce”.

La città che sorge all’ombra del Vesuvio è ancora fervidamente traboccante 

di segnali che fanno pensare all’esistenza del piccolo monaco.

La chiesa di Sant’Eframo Vecchio, il quartiere di Secondigliano, Piazza Garibaldi in centro, una casa in via dei Tribunali sono solo alcuni dei luoghi protagonisti di apparizioni, improvvisi arricchimenti, tranelli e fortune. 

E, a Castellammare di Stabia, tra il vulcano e la costiera sorrentina, nei pressi dell’antico terziero di Scanzano, c’è una strada rivolta a monte, proprio intitolata al Munaciello.

E anzi, a un particolare Munaciello, che da pizzichi 

e fa sgambetti a chiunque passi per di lì.


Secondo Carl Gustav Jung alcune figure del mondo favolistico soprannaturale rappresentano le forze sotterranee dell’inconscio. Risorse psichiche di cui gli esseri umani non sono consapevoli e che hanno a che fare con l’istinto e l’intuizione. Le figure cui si riferiva Jung sono i nani e gli gnomi, appartenenti alla cultura nordica, ai quali tuttavia, il piccolo monaco partenopeo sembra accostarsi per tipologia.

Ad ogni buon conto, il Munaciello resta ad oggi il fantasma più pop 

del nostro meridione. È stato protagonista di opere teatrali, 

cinematografiche e di canzoni.


Compare anzitutto nella famosa commedia di Eduardo de Filippo “Questi fantasmi”, in cui il personaggio dell’amante è vestito come un monaco. Fa capolino nella canzone “O’ Munaciello” (1891) di Roberto Bracco. E arriva fino agli anni Duemila, poiché “Munaciello” è il soprannome dato a uno dei boss nella serie tv “Gomorra” (2014-2021). Ma soprattutto il monaco bambino, compare nell’incipit del film “E’ stata la mano di Dio” (2021) di Paolo Sorrentino, dove la zia del protagonista gli da un bacio sulla nuca, su invito di San Gennaro, come gesto propiziatorio per la propria fertilità. 

  

 

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