IL MAMMUT… E LA CITTÀ RICOSTRUITA
trovato in provincia dell’Aquila nel 1954, è tornato di recente ad essere esposto nel Forte Spagnolo Aquilano, rappresentando uno dei simboli della ricostruzione della città abruzzese dopo il terribile sisma del 2009.
E sì perché il terremoto che colpì la città de L’Aquila alle 3:32 del mattino del 6 aprile 2009, tra le innumerevoli devastazioni che cambiarono il volto del bellissimo capoluogo abruzzese e provocarono il tragico bilancio di 309 vittime, determinò anche seri danni alla struttura del Forte cinquecentesco Spagnolo che ospitava l’esposizione del mastodonte nonché importanti lesioni a parte dello scheletro e della struttura portante del Mammut.
Da figlio di genitori aquilani ricordo sin da piccolo, in occasione delle affascinanti visite presso la sala del bastione est del Forte Spagnolo a
questo raro esemplare di animale preistorico, di aver subito considerato
il Mammut uno dei simboli di questa bellissima città.
Probabilmente perché anche lui “immoto manet” protetto all’interno della Fortezza Spagnola ed in questo suo troneggiare impersona plasticamente la robustezza e la fierezza delle genti d’Abruzzo.
Ma facciamo un balzo indietro e ripercorriamo brevemente l’interessante storia del Mammuthus Meridionalis Vestinus,
tra i pochi esemplari rinvenuti in Europa in buone condizioni, per l’integrità
dello scheletro e l’ottimale stato di conservazione, grazie al clima rigido,
quasi dolomitico, che caratterizzava i territori abruzzesi.
Esso fu subito considerato uno dei reperti più importanti della preistoria italiana, uno degli esemplari più completi esistenti insieme a quelli esposti a Parigi, a Leningrado e negli Usa.
La Conca dell’Aquila nella preistoria era occupata da un grande lago dove vivevano elefanti e rinoceronti, ippopotami, cervi e cinghiali e
nel marzo del 1954, a seguito di scavi per la ricerca dell’acqua, in località Madonna della Strada a Scoppito, fu rinvenuto lo scheletro quasi integro
di un Elephas Meridionalis Nesti,
noto come Mammut, diffusosi nella penisola italiana all’inizio del Quaternario.
All’esemplare maschio e anziano dell’Aquila, morto probabilmente di vecchiaia a 55 anni, attorno a 1.500.000 anni fa, fu attribuita la denominazione prima di Archidiskodon meridionalis vestinus, poi di Mammuthus meridionalis vestinus. Il Mammut era un “bestione” pesante all’incirca più di sedici tonnellate e alto più di quattro metri, molto simile ad un elefante, ma più robusto, con le zanne più curve e la bocca più sporgente
Il restauro seguì un percorso a più tappe. Successivamente alla sua scoperta,
dopo circa sei anni di lavori di riparazione delle singole parti, fu esposto al pubblico
nel 1960 nel bastione est del Forte Spagnolo, sezione paleontologica
del Museo Nazionale dell’Aquila.
Alla fine degli anni ’80 si rese necessario un secondo restauro concluso nel giugno del 1991 effettuato in parte presso il Laboratorio di Restauro del Museo di Geologia e Paleontologia dell’Università di Firenze.
Si arriva, quindi, all’ultimo restauro post terremoto 2009
avvenuto anche grazie ad una generosa donazione di 600 mila euro della Guardia di Finanza che ha voluto contribuire così alla rinascita dell’Aquila dopo il sisma. L’intervento di restauro è stato realizzato dall’allora Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Abruzzo (oggi Segretariato Regionale per l’Abruzzo).
Il Mammut aquilano è ritornato nel 2022 a costituire una delle attrazioni
del Museo Nazionale D’Abruzzo (MuNDA) de L’Aquila ma, soprattutto,
il suo ultimo restauro con la sua “restituzione”
al patrimonio culturale della città
ha significato un ulteriore importante passo in avanti verso la completa ricostruzione della città dell’Aquila per tornare a splendere nella sua antica e particolare bellezza.