I CAPITELLI DI NAPOLI
non erano un nuovo ordine architettonico ma una famiglia di illustri giuristi e uomini politici che dettero il loro prezioso contributo alla città e alla nazione.
Io fui erudito su questa importante famiglia da mia zia Cettina che, appena in età di capire, intorno ai dieci anni, mi portò a fare una visita al Museo di S. Martino, a Castel S. Elmo, dove c’era la culla d’oro che Guglielmo Capitelli, sindaco di Napoli, aveva regalato a Vittorio Emanuele III come suo padrino di battesimo. La culla, nel corso degli anni, è stata poi trasferita in un altro museo. Mia nonna, che era discendente dei Capitelli, Quindi io, in giovanissima età, in un contesto di provata fede monarchica, presi confidenza con questi miei avi alla lontana e seppi che Guglielmo Capitelli era lo zio di mia nonna da parte materna e Domenico era il suo prozio.
Ma chi era Domenico e cosa aveva fatto nella vita per assurgere a tanta gloria?
Egli era un insigne giurista e tenne per molti anni una scuola privata di diritto a Napoli, ispirata alle concezioni filosofiche di G. B. Vico e seguita da moltissimi studenti. Esercitò la professione forense con circa quattrocento difese legali ed ebbe numerosi incarichi istituzionali: fu vice presidente della Corte Suprema di Giustizia in Napoli, componente della Commissione Censoria della magistratura, membro della Commissione deputata a compilare un progetto di codice ecclesiastico, componente della Commissione di Pubblica Istruzione, membro della Commissione del Ministero di Grazia e Giustizia per preparare la revisione del codice.
Nel 1848, insieme ad Alessandro e Carlo Poerio, partecipò alle lotte per le libertà costituzionali. Candidato alla Camera, fu eletto deputato con oltre diecimila preferenze. Gli fu offerta la carica di Ministro Segretario di Stato di Grazia e Giustizia e per ben quattro volte rifiutò. Successivamente il parlamento lo nominò presidente dell’Assemblea Costituzionale.
Si prodigò per una società liberale e democratica, più giusta ed egualitaria,
dove ogni cittadino poteva avere le stesse possibilità di partenza
e migliorare le sue condizioni con le proprie capacità.
Lentamente la restaurazione monarchica prese il sopravvento e l’Assemblea dopo qualche anno fu sciolta per regio decreto. Deluso, si ritirò a vita privata e morì a Portici per l’epidemia del colera. La sua dipartita fu menzionata in moltissimi giornali in Italia e all’estero. Di lui restano importanti scritti: “La filosofia del diritto e l’arte di bene interpretarla”, “Scienza del diritto e le arti che ne derivano”, “Commento ideologico, storico, politico delle leggi relative all’accessione industriale, mobiliare”, “L’Europa romano – germanica – economica – politica, lavoro”, “Se il volontario godimento di un indulto includa la tacita confessione del reato”. Nella città di Napoli, a suo perenne ricordo, c’è una bella strada a lui intestata nel centro storico.
Sulla scia dell’esperienza paterna anche Guglielmo Capitelli
si dette alla vita politica e al miglioramento sociale.
Si laureò in lettere e filosofia e giurisprudenza all’Università di Napoli. Entrò nel Liberale Comitato dell’Ordine e collaborò con la “Nazione” di Firenze e “Il Risorgimento” di Torino. Fece parte del Comitato d’insurrezione presieduto dal marchese d’Afflitto e, all’arrivo di Garibaldi, si arruolò nella Guardia nazionale.
Si recò a Londra, dove fu presentato ad importanti uomini politici
quali Gladstone e Disraeli. Tornato a Napoli iniziò la sua attività pubblica,
dando un notevole contributo alla sua città
Fu eletto consigliere comunale e preparò il regolamento del Consiglio; successivamente venne eletto assessore e infine nominato sindaco nel 1868. Grazie ad un prestito statale di sedici milioni concesso per buona amministrazione, aprì e ampliò la strada da Via Duomo al Museo Nazionale, dalla Via Marina alla Riviera di Chiaia e al Corso Vittorio Emanuele, approvò il progetto di Antonio Dohrn per l’acquario nella villa comunale, sistemò la contrada Fosso del Grano tra Portalba e il Museo Nazionale.
Incrementò l’istruzione con l’apertura di asili infantili, scuole elementari
e scuole tecniche municipali. Acquisì dai Militari Castelnuovo,
che divenne sede del Consiglio.
Tenne a battesimo Vittorio Emanuele III al quale regalò la famosa culla d’oro, fu ricambiato dal padre Vittorio Emanuele II con il titolo di conte. Ebbe poi alterna fortuna alle elezioni della Camera dove fu eletto solo una volta. Nominato poi prefetto politico in molte città, portò sempre avanti le sue idee liberali, diventando il maggior esponente della Destra moderata. Acquisì una vastissima biblioteca che donò all’Archivio Storico Municipale. Fu brillante anche come scrittore, fra i suoi testi ricordiamo “Prose”, “Pochi Versi”,” “Della vita e degli studi di Domenico Capitelli”, ”Studi biografici”, “Memorie e lagrime”, “Patria e Arte”, “Cuore e intelletto”, “Un libro sul Papa futuro”.
Il suo archivio personale,
con importanti lettere ai maggiori politici dell’epoca – Minghetti, Rudinì, Sella, Bonghi – fu conservato dalla figlia Maria Quazza Capitelli ed
è stato fonte preziosa per studi successivi sulla Destra storica
nel Mezzogiorno d’Italia.
Trasferitosi a Nervi in Liguria vi trovò la morte nel maggio del 1907, lontano dalla sua adorata città.
Questi i Capitelli, uomini illustri, studiosi, eruditi, che lavorarono per lo sviluppo e il benessere di Napoli ed io ne venni a conoscenza in quegli anni lontani quando adolescente mi affacciavo alla vita.