FRANCESCO ADORNO VIAGGIO ATTRAVERSO LE ORIGINI di Aurora Adorno – Speciale aglie fravaglie – Maggio-Luglio-2020
FRANCESCO ADORNO VIAGGIO ATTRAVERSO LE ORIGINI
Francesco Adorno ha contribuito alla conoscenza del pensiero dei filosofi greci e del rapporto tra il pensiero classico e la cultura cristiana.
Letterato e umanista con studi e interessi estesi anche al Medioevo, è stato già ricordato da Myrrha in occasione della recente pubblicazione della biografia firmata da sua nipote, Aurora Adorno. In questo numero, il suo profilo viene idealmente tracciato dalla compagna della sua vita che descrive sensazioni, incontri e suggestioni del rientro del filosofo a Siracusa dopo anni di permanenza a Firenze, città dove insegnò a lungo.
Ricordi, Francesco? Correva l’anno 1962, esattamente il 5 Agosto.
Lo ricordo perché fu il giorno in cui morì Marylin Monroe suicida nella sua camera da letto. Allora non si parlava d’altro.
Partimmo da Fregene, perché eravamo in vacanza da mia sorella Olga in provincia di Roma, si passò dal Cilento per vedere la costa e si dormì vicino Paestum.
Visitando i templi mi canzonavi, chiamandomi “la baccante che vaga tra i templi”.
L’indomani visitammo anche la maestosa grotta di Palinuro. All’epoca non si accorciavano i viaggi volando in aereo e quel tempo che scorreva lento, trascorso guardando attraverso il finestrino, cantando canzonette e raccontando storie, colorava la mente di immagini e bei ricordi.
Quando giungemmo a Villa San Giovanni – il cielo era limpido e si poteva ammirare bene Messina – ti mettesti subito ad urlare “l’isola, l’isola!”. Parevi un bambino.
Eri sempre contento di ritornare dove le tue radici avevano dato i loro frutti ed eri nato.
Corrado Adorno, tuo padre, era stato insegnante di disegno e pittore; dopo averne fatto richiesta, era stato preso ad insegnare alla scuola media di Firenze.
La tua famiglia si trasferì quando eri ancora molto giovane, ma il legame con la Magna Grecia aveva colpito irrimediabilmente la tua immaginazione, consacrando la passione verso la filosofia e i filosofi, verso la culla della nostra cultura e la genesi del pensiero.
Con la Cinquecento bianca stipata di borse – con noi c’era
nostro figlio Eugenio – arrivammo a Siracusa,
nel centro storico collegato da un ponte all’isola, precisamente in Riva della Posta, dove abitava la tua famiglia. “Beh, Marylin Monroe s’ammazzò!”, disse in dialetto Tina, la figlia di Santino, parente della Lucietta Adorno, appena ci vide.
Santino girava ancora in calesse e frequentava il circolo dei nobili vestito di bianco; allora andavano tutti al Tropical, un caffè concerto per la gente bene. Difatti, ai tempi c’era ancora molta divisione di classe, purtroppo.
Mio figlio insisteva per andare al cinema Marconi che faceva il doppio programma, ma ci venne detto che era da scugnizzi e che sarebbe stato scandaloso frequentare un locale di basso livello!
Ricordo anche un fatto divertente: Annamaria Corpaci, che allora era una bambina, figlia dell’avvocato e di Giuditta Adorno, volle fare una cena a lume di candela perché lo aveva visto fare in un film. Ma la zia Lucietta se ne uscì dicendo “queste candele saranno quelle della mia bara!”, rovinando la festa. Anche l’avvocato era un tipo intelligente e spiritoso, si chiamava Armando ed era di battuta facile.
L’aria che profumava di aranci rallegrava le piccole viuzze del centro
ed inevitabilmente ci scontravamo con quelle belle chiese
che pur noi, atei, non resistevamo al desiderio di visitare.
Allora, entrandovi, per rispetto toglievamo il cappello di paglia che proteggeva il capo dal sole e con gli occhi verso l’alto, rapiti, respiravamo il senso di sacro, ammirandone l’architettura.
L’elegante facciata barocca del Duomo di Ortigia custodiva il prezioso tempio di Atena… Ah, che bello, che grandi cose è capace di fare l’uomo!
Sfilavamo sul lungomare, davanti a quella cornice bianca di marmo che recita:
Passeggio Adorno
Cittadini, questo passaggio ottenne per voi il cavalier Gaetano Adorno, sindaco il quale negli ordini nuovi difese la patria, la resse con sapienza: degno per questo che il consiglio comunale gli decretasse nel 1865 titolo di benemerenza e questa memoria
1868
E tu, fiero, ci raccontavi di quegli avi lontani, dai quali, ne eri certo, avevi preso
il carattere e il coraggio che ti hanno sempre contraddistinto,
come anche la forza di ragionare sempre con la tua testa e non farti trasportare da mode passeggere.
Ti appassionavi molto agli alberi genealogici della famiglia e li custodivi geloso. Tu solo riuscivi a capire qualcosa in quelli che a me parevano solamente dei nomi e delle date scritte a china dentro dei cerchi, sospesi come foglie sopra i rami.
Lo sguardo smarrito correva verso il mare che si estendeva davanti ai nostri occhi, respirando l’aria salmastra che, come un balsamo purificatore, ci riempiva i polmoni.
Il legame col mare era qualcosa che sentivi dentro, nelle profondità della tua anima che spesso si agitava, mentre altre volte era calma, proprio come le onde che si dibattevano sulla battigia e come il vento che leggero soffiava sulla nostra giovinezza… Che nostalgia, marito mio!
Si dice che chi è nato nelle località marine provi una sorta di malinconia andandosene. Me ne rendevo conto quando vi tornavi,
la gioia riempiva di luce il tuo sguardo spesso cupo, sovrappensiero, e in me sorgeva la speranza che tu fossi felice.
Andammo in visita anche sul fiume Ciane. Ti piaceva fare sfoggio di quella lingua che tanto amavi studiare, e così dicesti: “Kyanòs significa verde azzurro”. E di questo colore erano le acque smeraldine.
Ritenevi che la scrittura greca avesse sviluppato il grande desiderio di conoscenza in termini razionali a causa della sua scrittura, che era alfabetica e quindi implicava il decifrare di volta in volta i segni. Inoltre, l’uso dell’alfabeto composto dai suoni che consuonano con gli altri rende il linguaggio interpretativo e attivo, diversamente dagli ideogrammi egizi o cinesi, che invece stimolavano una maggiore contemplazione statica e non storica.
Si fece merenda al sacco, con i piedi scalzi nell’erba e le acque
che scorrevano lente dinnanzi a noi.
Erano famosi i papiri che allegri nascevano sulle rive del fiume, rendendolo celebre.
Io fui Cyane azzurra come l’aria.
L’acqua sorgiva mi restò negli occhi;
la lenta corrente mi levigò.
Citavi il D’Annunzio nell’Alcyone, e noi intenti a divorar panini e a bere un goccio di buon vino, apparecchiati nella natura su di una leggera tovaglia di lino, sciacquando poi la bocca col gusto dolce delle susine.
La Tina ci riempiva di quelle domande che fanno gli adolescenti, distraendoci dalla musica del fiume che scorreva lento.
E, nel nostro peregrinare da turisti, amavi citare anche Mario Adorno, un avvocato discendente dall’antica famiglia patrizia e dogale genovese,
vissuto a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento, che aveva partecipato ai moti carbonari, capo degli insorti di Siracusa, e che dopo aver accusato il governo borbonico della diffusione del colera venne giustiziato insieme al figlio Carmelo.
Difatti, come amavi spesso raccontare a nostro figlio Eugenio, l’antica dinastia degli Adorno, in seguito ad una guerra con i Doria, potente famiglia genovese, lasciò la Repubblica Marinara e si stabilì prima ad Avola, dalla quale prese il secondo nome Avolio, ed in seguito nella splendida Siracusa, dove tuo padre Corrado era nato.
Il tuo essere comunista cozzava con il tuo sentirti nobile, con quel “sangue blu” – ciano, appunto – che sentivi fortemente scorrere nelle tue vene, intridendoti delle tue stesse origini.
Ognuno di noi è ciò che è, quello che le proprie esperienze
lo hanno fatto divenire e come ha scelto di interpretarle.
Abbiamo avuto un’infanzia diversa, una famiglia borghese la mia, diversa la tua, in quegli obblighi e nel dover dimostrare sempre chi si è e da dove si viene, in quello sguardo alto, sospeso verso il cielo, di chi cerca sempre di non deludere la propria stirpe, e in quello stemma che ti sorprendevo spesso ad osservare, quasi rispecchiandoti in esso.
Dietro ogni persona esiste una storia e, se si vuol conoscerla fino in fondo, si deve tacere ed ascoltarla.
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