CRISI O METAMORFOSI? di Luciano Cimmino – Numero 4 – Aprile 2016

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è stato caratterizzato per gli imprenditori italiani da una invadente, ed a volte molesta, presenza di un mondo finanziario sempre più interessato ad acquisire marchi e attività produttive con partecipazioni di maggioranza o di minoranza.

CRISI O METAMORFOSI?

 

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Fino alla fine degli anni novanta, pur avendo già esteso la mia attività in gran parte del mondo, la mia principale base operativa era a Napoli.

Avevo la sensazione che fossimo rimasti in pochi a credere nella forza del lavoro vero; quello che ti impegna quotidianamente nel tenere un’azienda sui binari corretti di una sana gestione, proiettandola nel futuro con idee e progetti solidi, legati ad idee innovative oltre che ad un solido know-how.

Oggi mi rendo conto come, da un osservatorio sia pure importante come quello di una ex Capitale, l’incrocio tra mondo finanziario ed impresa fosse vissuto in maniera completamente diversa da quanto, poi, avrei potuto verificare avviando nel varesotto il marchio Yamamay. Marchio immediatamente oggetto di attenzione di banche d’affari e di Fondi che, a decine, presidiavano la piazza finanziaria di Milano. 
Con meraviglia constatavo quanto tempo bisognava inventarsi per seguire un’agenda di appuntamenti che niente avevano a che fare con l’attività principale dell’azienda. Per la maggior parte si trattava di incontri finalizzati ad ascoltare progetti e condizioni legati all’ingresso nel capitale di un’attività ancorché giovane e dall’avvenire ancora da definire. 
Educato ad un modo di operare che mi imponeva di concedere un appuntamento a chiunque me lo chiedesse, mi trovai in breve a dover rivedere questa mia convinzione.

In effetti, la brusca frenata non creò da sola tutti i dati negativi che fummo costretti a registrare, ma tolse i veli ad una generale situazione dell’economia italiana, che si sarebbe già dovuta affrontare da tempo,

In quel momento i nostri marchi correvano come puledri in dirittura d’arrivo di un derby, ma questa frase mi colpì come una scudisciata in pieno viso. Cosa stava accadendo e cosa ci riservava in generale il futuro e per i nostri marchi in particolare? La risposta arrivò nei mesi seguenti quando fummo costretti a ridimensionare le nostre vertiginose crescite a due cifre in miglioramenti che comunque si evidenziavano come le migliori performance nei settori in cui operavamo, mentre si registrava la diminuzione sostenuta ed inarrestabile dei consumi in tutti i settori. 
L’Italia stava entrando in un ciclo di recessione che avrebbe minato alla radice convinzioni che ormai sembravano inamovibili: PIL sempre con un segno + davanti, occupazione stabile, voglia di consumare anche nei canali innovativi che si erano presentati più di recente.

Ed ancora: è il caso di parlare di crisi o dobbiamo prendere atto che la nostra società civile è rimasta coinvolta in un processo di metamorfosi che ha trasformato completamente modi di vivere, aspettative, speranze per il futuro? Non sono considerazioni di poco conto, perché in ballo ci sono tutte le nuove generazioni che hanno visto disintegrarsi, in pochi anni, le convinzioni che avevano supportato le generazioni precedenti: il posto fisso, la sicurezza di una pensione alla giusta età, un ragionevole potere di acquisto. 
A tutto questo dobbiamo aggiungere il fatto che, come sempre, quando le crisi economiche sembrano irrisolvibili, si sono accesi conflitti locali di grande importanza e sempre più diffusi, fino a far dire a Papa Francesco: “Ė in atto una terza guerra mondiale a pezzi”. Un’affermazione drammatica, ma poco lontana dalla realtà e che sembra possa coinvolgerci ulteriormente ed in maniera più diretta, in tempi molto brevi. 
Ci stiamo abituando anche a questo. Per fortuna ci sono convinzioni che non sono ancora venute meno:

Ora però bisogna chiedersi: come siamo usciti da questo percorso negativo durato più di un lustro? In quanti anni possiamo recuperare tutto il PIL che abbiamo lasciato per strada?

c’è ancora la voglia di confrontarsi con la concorrenza mondiale sul piano produttivo e per la penetrazione in mercati che potrebbero rappresentare una nuova frontiera per lo sviluppo.

In definitiva contrasti forti, molto forti, che bisogna saper gestire e pilotare con mano ferma. Abbiamo il dovere di mettere le nuove generazioni in condizioni tali da poter affrontare i prossimi decenni con la preparazione e la carica indispensabili per non far arretrare il nostro Paese nella grigia zona delle Nazioni che poco possono incidere sui futuri destini del mondo.

Fino al 2007 sembrava impossibile sottrarsi ad un gioco che mi ricordava quello dello scambio di figurine che praticavo da bambino: io ti do qualcosa e tu mi dai qualcos’altro in cambio; oppure compro il tuo mazzetto di figurine al prezzo che, in apparenza, decideremo insieme. 
In sintesi, i discorsi sul mondo finanziario sembravano prevalere in larga misura su quelli legati all’economia reale che per me è sempre quella della produzione e distribuzione dei beni. 
Purtroppo, l’Italia era solo un’appendice di quanto si stava verificando, in misura molto maggiore, nelle principali piazze finanziarie del mondo. Inevitabilmente, dopo alcuni anni, la bolla è scoppiata e dal 2008 ci siamo trovati in una situazione che ha visto, in misura minore o maggiore, e con esiti assolutamente diversi per ogni caso, coinvolte tutte le aziende italiane. 
Ho un ricordo preciso del momento in cui fui costretto ad aprire gli occhi su quanto stava accadendo.

Un pomeriggio, doveva essere maggio del 2008, ero davanti al distributore automatico di caffè in azienda ed arrivò una persona per la ricarica. Mi sembrò naturale domandargli come andavano le cose nel suo settore. “Lasci correre, mi rispose, in sei mesi ho perso il 75% del mio fatturato!”

con sostanziali riforme a cui però nessun Governo aveva inteso mettere mano. 
Scivolando sulla pericolosissima china di un debito pubblico inarrestabile nella sua corsa verso record negativi, ci trovammo così alla vigilia di catastrofici eventi che in poche settimane (attenzione poche settimane, non pochi mesi) avrebbero portato l’Italia al default
Di fronte ad una realtà, che non esito a definire drammatica, per fortuna ci fu un momento in cui le forze politiche si compattarono intorno al nome del professor Monti per evitare il naufragio. Agli italiani furono chiesti grandi sacrifici, soprattutto sul fronte delle pensioni, il cui nodo ancora oggi appare irrisolto, ma fu così evitato il peggio. 
A distanza di pochi anni, oggi sembra che la caduta si sia arrestata, mentre appare avviato un nuovo processo di crescita sia pure segnato da risibili decimali.

 

PASQUALE FESTA CAMPANILE: IL REGISTA MILIARDO di Rosalba Mazzamuto – Numero 5 – Luglio 2016

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ha fatto sì che molti italiani di quelle zone abbiano un carattere che di meridionale ha ben poco. Gli Svevi soggiornarono in Lucania e Pasquale Festa Campanile di sicuro sangue svevo nelle vene doveva averne. Di meridionale egli si era riservata la sensibilità, il senso di umanità antico, mentre se si dà un’occhiata alla sua produzione sia letteraria che cinematografica, ne viene fuori un personaggio che non ha avuto attimi di tregua: egli approfondiva, studiava, limava ogni riga scritta, ogni fotogramma impressionato. Questa creatività, tuttavia, non faceva di lui un frenetico proprio perché la componente meridionale glielo impediva.

Amava il cinema e la letteratura. Ad altri spetta ricordare le caratteristiche dell’uomo di cultura, io posso soltanto dire che

il periodo passato accanto a lui è stato bello, esaltante, per me giovane moglie, proveniente da ambienti diversi da quelli del cinema; era tutto una novità, incontrare attori famosi che venivano a lavorare a casa, andare a cena con i suoi amici produttori cinematografici

Basti ricordare Bingo bongoNessuno è perfettoCulo e camicia e altri… interpretati da Celentano, Pozzetto, Montesano, Ornella Muti, film che hanno oltrepassato il traguardo dei 10 miliardi di lire di incasso dell’epoca. 
Dopo 18 anni dal primo romanzo, ritorna alla letteratura con un secondo e poi con altri, tutti tradotti in film per la sua regia. Era il periodo dell’austerity energetica e Pasqualino scrive Conviene far bene l’amore, successivamente portato sullo schermo con Gigi Proietti, idea originale per la ricerca di fonti alternative, come l’energia sprigionata dall’incontro fra un uomo e una donna che improvvisamente illumina un teatro intero. Poi viene Il Ladrone del 1980 che divenne film con Enrico Montesano nei panni di Caleb, il ladrone buono della croce, un antieroe picaresco, un simpatico ciarlatano che vende polveri miracolose e finte reliquie in una Palestina percorsa dei messaggi rivoluzionari di Cristo. Uno dei film a cui ha tenuto di più, anche questo sempre riproposto dalla televisione nel periodo pasquale, che non manca di avere qualche relazione con il successivo Per amore solo per amore, la storia di San Giuseppe come lo voleva vedere lui, ragazzo normale innamorato che si trova inconsapevole a percorrere una storia che non sempre capisce, premiato come miglior romanzo al Premio Strega. 
La sua carriera cinematografica si chiude in bellezza con il film Uno scandalo per bene, ispirato al “caso” Bruneri Canella, con Ben Gazzarra e Giuliana de Sio, e la sua carriera letteraria si chiude con il romanzo Buon Natale Buon Anno, Premio Bancarella, la cui stesura ci ha accompagnato fedelmente fino alla sua fine, poi tradotto in film per la regia di Comencini con due grandi attori: Virna Lisi e Michel Serrault.

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PASQUALE FESTA CAMPANILE: IL REGISTA MILIARDO

 

come Luigi o Aurelio De Laurentiis, Mario Cecchi Gori o Fulvio Lucisano o Luciano Martino, allora fidanzato con Edwige Fenech, o editori dei suoi libri come Valentino Bompiani o Leonardo Mondadori. 
Ma quel periodo è stato anche infinitamente triste, per la lunga malattia che a 58 anni, a poco a poco, lo ha divorato, senza concedergli un’altra possibilità. 
Abitavamo in via Giulia, una casa piena, piena di libri – amava dire che ve ne erano circa 30.000 – che non leggeva ma di cui le pareti erano tappezzate; tutte, persino quelle dei bagni e, difatti, alla fatidica domanda “ma li hai letti tutti?” egli rispondeva “no, però li annuso quotidianamente, le parole, le frasi, i concetti volano nell’aria”. Erano i suoi approfondimenti, soprattutto per i film in costume, come la sceneggiatura del Gattopardo o quella di Rocco e i suoi fratelli, ambedue regie di Luchino Visconti, oppure Le quattro giornate di Napoli di Nanny Loy, scritta con Massimo Franciosa e Vasco Pratolini, o la fortunatissima commedia musicale Rugantino, che ormai rappresenta nella commedia dell’arte la maschera di Roma, costante successo internazionale, scritta assieme a Garinei, Giovannini, Luigi Magni e Massimo Franciosa, musicata da Armando Trovajoli, o la favola musicale 20 zecchini d’oro assieme a Luigi Magni, per la regia di Franco Zeffirelli. Come non ricordare poi Le voci bianche, rievocazione dei favolosi musici castrati in un colorito settecento romano, o Una vergine per il principe con Virna Lisi e Vittorio Gassman che gigioneggiava piacevolmente in abiti rinascimentali, delle quali fu anche il regista.

La casa di via Giulia era straripante di sceneggiature che gli proponevano, di libri che gli inviavano, o curricula di attori che volevano lavorare con lui, e, inoltre, vestiti fuori moda mai buttati, ma anche preziosi vasi e lampade art-nouveau che collezionava,

francesi di Emile Gallè, Le Verre Français, Daum e altri, o americani come i bellissimi Tiffany. Ne possedeva 80/90 pezzi, che davano una particolare allegria, colore e luce alla casa. 
Pasqualino arriva a Roma con la famiglia da piccolo, dalla Basilicata. 
La sua carriera giornalistica iniziò ad appena 19 anni, nell’immediato dopoguerra, in una prestigiosa testata culturale, «La Fiera Letteraria», passando poi alla radio e alla televisione, occupandosi prevalentemente di letteratura. 
Ma le radici lucane non tardano a farsi sentire nel suo primo romanzo del ’57, La nonna Sabella, poi tradotto in quel divertentissimo film diretto da Dino Risi e interpretato dalla magistrale Tina Pica che la televisione, durante il periodo estivo, ci ripropone spesso: comicità esilarante, spaccato di usi e costumi della sua terra natia e infarcito di ricordi della sua nonna. Il successo fu immediato. 
Da allora, Festa Campanile coniugò il proprio nome con i maggiori successi degli anni ’60, ’70, ‘80: la sua carriera di regista comincia con Un tentativo sentimentale, nella Roma del miracolo economico, passando per La costanza della ragione di Vasco Pratolini, Adulterio all’italianaLa cintura di castità con Tony Curtis e Monica Vitti, attraverso Poveri ma belli, Giovanni Mariti, il divertente Quando le donne avevano la coda, o il conosciutissimo Il merlo maschio con un eccezionale Lando Buzzanca e la bellissima Laura Antonelli, successo travolgente anche in Francia. Per fare solo alcuni esempi.

Era una firma di sicuro successo. I produttori se lo contendevano, riempiva le sale cinematografiche. Fu ribattezzato il regista miliardo ma non per averli intascati lui, i miliardi, bensì per averli fatti arrivare nelle tasche dei produttori.