L’ISOLOTTO ASINELLI NELL’ENEIDE – Gemme del Sud – Numero 19 – Dicembre 2020 gennaio 2021

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L’ISOLOTTO ASINELLI NELL’ENEIDE

 

Gemme del Sud

Asinelli

 

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Di fronte alla frazione di Pizzolungo, alle porte di Trapani si trova il piccolo isolotto Asinelli. Il suo nome si deve alle sue rocce appuntite che sembravano le “lesine” dei calzolai. Da lì isola “Lesinelle”, trasformata poi nell’attuale isola Asinelli. 

Immersa in un mare cristallino, è stata nel passato base di appoggio delle reti della tonnara di Bonagia, oggi accoglie un fanale e un traliccio segnalatore per i naviganti alimentato a pannelli solari, nonché è meta di numerosi sub alla ricerca delle meraviglie marine circostanti.

 

Durante la Seconda Guerra Mondiale l’isolotto veniva spesso bombardato 

perché scambiato per un sommergibile dall’aviazione alleata. 

Infatti il suo soprannome è “isola sommergibile”.


Nel V libro dell’Eneide, Virgilio ha così descritto Asinelli: “V’è lontano nel mare uno scoglio di fronte alle rive schiumose, che spesso sommerso i gonfi flutti percuotono, quando il maestrale d’inverno nasconde le stelle; nella bonaccia tace, e si erge sull’onda immota, superficie e dimora gratissima agli smerghi amanti del sole”.   

 

Le numerose descrizioni virgiliane hanno dato vita a varie ipotesi sulla morte e tumulazione di Anchise, padre di Enea.

Secondo la storiografia, fu proprio a Pizzolungo, solo 1 miglio marino dall’isolotto, 

che approdò Enea dopo la morte di Anchise.


Lo storico siciliano Giuseppe Castronovo, riprende la tradizione virgiliana della morte di Anchise sulle spiagge ericine: «In queste spiagge perdea [Enea] il suo padre Anchise, in queste spiagge gli ergeva il tumulo, in queste spiagge l’onorava di giuochi funebri…» (Memorie storiche di Erice, p. 11). Alle porte della frazione, è presente la famosa “stele di Anchise” eretta nel 1930. 

 

Dall’isolotto Asinelli si vedono, partendo da sinistra, lo splendido monte Cofano, un gioiello di rara bellezza a picco sul mare, la tonnara e il golfo di Bonagia e, di fronte, la frazione marittima di Pizzolungo sovrastata dal monte Erice. 

 

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IL PULO DI MOLFETTA – Gemme del Sud – Numero 19 – Dicembre 2020 gennaio 2021

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IL PULO  DI MOLFETTA

 

Gemme del Sud

Molfetta

 

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Uno dei più rilevanti monumenti naturali che si trovano nell’area costiera a nord di Bari è il Pulo di Molfetta, situato a circa due chilometri dalla città da cui prende il nome. 

“Pulo” è il termine che nell’area murgiana si utilizza per indicare la dolina, cioè 

 

una cavità formatasi per la dissoluzione della roccia calcarea 

ad opera dello scorrere di acque superficiali,


esempio tipico del fenomeno del carsismo, che interessa tutta la Puglia.  

Il Pulo di Molfetta è una vasta voragine di forma ovoidale e profonda 30 metri, creatasi in seguito al crollo della volta di numerose cavità sotterranee, con pareti a strapiombo, 

all’interno delle quali si aprono molteplici grotte su differenti altezze 

e comunicanti tra loro.


La più spettacolare fra tali grotte è quella, con sviluppo su tre livelli, detta “del Pilastro”, dal pilastro calcareo presente sull’ultimo livello. 

Il cedimento della volta sembrerebbe risali+re all’epoca del Neolitico, come si deduce dagli importanti reperti archeologici ritrovati nella zona, che testimoniano anche la presenza di comunità che vivevano nei pressi della dolina. All’epoca in quell’area scorreva copiosamente l’acqua, responsabile dell’erosione della roccia e del conseguente crollo. 

Sul lato occidentale della voragine, in una posizione elevata dalla quale la si osserva molto bene, è di notevole interesse l’ex monastero dei Cappuccini, oggi di proprietà privata, costruito nel 1536 e attivo fino al 1574, successivamente convertito in Lazzaretto.

Verso la fine del Settecento, sul fondo del Pulo, grazie al fatto che le sue grotte 

erano ricche di nitrati, componenti naturali della polvere da sparo, 

i Borboni autorizzarono la realizzazione di una nitriera,


cioè una vera e propria fabbrica per l’estrazione e la lavorazione di tali minerali. Il Pulo è dunque anche un prezioso esempio di archeologia industriale. 

Estremamente importante è inoltre la biodiversità faunistica e botanica, per la presenza di piante sia autoctone, sia introdotte dall’azione umana. 

 

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CLEMENTE SUSINI E LE SUE CERE – Gemme del Sud – Numero 19 – Dicembre 2020 gennaio 2021

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CLEMENTE SUSINI E  LE SUE CERE

 

Gemme del Sud

Cagliari

 

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A Cagliari, nella Cittadella dei Musei, non potete perdere le Cere Anatomiche di Clemente Susini (Firenze 1754-Firenze 1814), che le ha personalmente firmate e che

fanno parte del Patrimonio Scientifico e Tecnologico italiano.


Le 78 cere, che troverete in 23 vetrine in legno di noce e vetro, furono modellate a Firenze (Museo La Specola) dal 1803 al 1805. Il Susini, per realizzare le sue cere ha riprodotto delle vere e proprie dissezioni effettuate dall’Anatomista sardo Francesco Antonio Boi (Olzai 1767 – Cagliari 1855).

Non solo i modelli sono originali, ma la collezione è l’unica, tra quelle 

create a Firenze, a portare la firma di Clemente Susini.


Giunse a Cagliari nel 1806 dopo l’acquisto di Carlo Felice di Savoia Viceré di Sardegna; venne donata, nel 1857, all’Università di Cagliari che la pose sotto la tutela del Professore di Anatomia e numerata con criteri anatomici e numeri romani nel 1963 ad opera di Luigi Cattaneo (1925-1992), allora Direttore dell’Istituto Anatomico cagliaritano.

Le potrete vedere, in esposizione permanente, nella sala pentagonale della Cittadella dei Musei di piazza Arsenale. Buona visita!

 Bacheche anatomiche – Clemente Susini 1798

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MUSEO DELLE CERAMICHE DI CASTELLI – Gemme del Sud – Numero 18 – Settembre-Ottobre

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museo delle ceramiche di castelli

 

Gemme del Sud

Castelli

 

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Istituito nel 1984 ed ospitato nel Chiostro dell’ex Convento dei Francescani, inagibile dopo il sisma del 2009, è attualmente ospitato nel Palazzo Municipale dell’Artigianato. Il museo offre una straordinaria testimonianza della produzione ceramica fiorita nel piccolo centro alle pendici del Monte Camicia, nel gruppo montuoso del Gran Sasso, ripercorrendo la storia della tradizione maiolica castellana, dall’alto medioevo sino ad epoche a noi prossime.

Di particolare interesse l’esposizione di 200 mattoni smaltati 

e decorati con motivi geometrici e naturalistici, oltreché religiosi, 

realizzati nel ‘500 dalle maestranze locali per coprire 

la volta della chiesetta dedicata alla Vergine;


essa lasciò il posto, nel 1615, alla Chiesa di San Donato, i cui soffitti a capriate furono analogamente coperti in maioliche, progetto unico nel panorama ceramico rinascimentale italiano. Oltre ad alcune opere di Orazio Pompeo e della sua bottega nonché alle splendide creazioni realizzate fra il ‘600 e l’800 dalle celebri dinastie di maiolicari quali i Grue, i Gentili, i Fuina e i Cappelletti (piatti, versatoi, vasi, fiaschi, pannelli), nel museo si possono ammirare alcuni esemplari di vasi farmaceutici della produzione cd. Orsini-Colonna, oggetto di ricercato collezionismo delle più importanti raccolte d’arte del mondo, dal Louvre al British al Metropolitan all’Ermitage, il quale ultimo conserva anche 80 manufatti prodotti a Castelli fra il ‘500 e il ‘700, di altissima qualità artistica.

 

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Il “REALE OSSERVATORIO VESUVIANO” – Gemme del Sud – Numero 18 – Settembre-Ottobre 2020

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il “REALE OSSERVATORIO VESUVIANO“

 

Gemme del Sud

Ercolano

 

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L’Osservatorio Vesuviano, fondato nel 1841 da Ferdinando II di Borbone, è la più antica struttura al mondo dedicata allo studio e al monitoraggio dell’attività dei vulcani.  Il “Reale Osservatorio Vesuviano” – questo il nome che aveva quando fu inaugurato dal re e che è posto tuttora sulla facciata dell’edificio che lo ospita – si trova sul Vesuvio, precisamente sul Colle del Salvatore, tra Ercolano e Torre del Greco, in una posizione apparsa ideale perché abbastanza lontana dal cratere e piuttosto elevata rispetto al piano di campagna, dunque protetta in caso di eruzioni.  L’architetto Gaetano Emanuele Fazzini, che aveva anche esperienza di fisico, fu scelto per realizzarne la sede, che fu inaugurata nel 1845.  Il bellissimo edificio di gusto neoclassico, da quando, intorno al 1970, è stata aperta più a valle una struttura maggiormente idonea alla moderna ricerca, è dedicato alla

conservazione di pregiate collezioni mineralogiche e strumentali 

(tra cui il primo sismografo elettromagnetico, progettato nel 1856 da Luigi Palmieri, 

che fu anche direttore dell’Osservatorio) ed accoglie un’importante biblioteca storica.


Il museo contiene inoltre una ricca raccolta di gouaches, stampe d’epoca, antiche litografie e disegni, nonché una collezione di foto e filmati d’epoca di eruzioni del Vesuvio dal 1865 al 1944, tra cui il primo film al mondo, dei Fratelli Lumière, che riprende un vulcano in eruzione. 

 

Nel 1911, inoltre, fu nominato direttore Giuseppe Mercalli, a cui si devono importantissimi studi di vulcanologia e sismologia e di cui tutt’oggi si utilizza la scala di misurazione dell’intensità dei terremoti.  

 

 

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PALAZZO DELLE SEZIATE – Gemme del Sud – Numero 18 – Settembre-Ottobre 2020

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palazzo DELLE seziate

 

Gemme del Sud

Cagliari

 

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Nella importante piazza Indipendenza a Cagliari, si trova il Palazzo detto delle “Seziate”, cioè delle sedute presiedute dal Vicerè che, nella sua qualità di capo supremo della magistratura, ascoltava “paternalisticamente secondo l’uso e la mentalità dei tempi”1 le suppliche dei carcerati che gli pervenivano dall’attigua Torre si San Pancrazio. 

Costruito in un’epoca non precisabile, deve l’attuale struttura architettonica 

e, soprattutto, la facciata a un rifacimento del 1838, 

voluto dall’allora Re Carlo Alberto, come ricorda 

un’iscrizione sul prospetto.

 

 

Con il suo grande arco, chiamato “sortita di San Pancrazio”, separa Piazza Indipendenza da quella dell’Arsenale. 

Quando le carceri vennero trasferite alla fine del XIX secolo, vi si sistemò la pinacoteca insieme con gli uffici del museo e della Soprintendenza per i Beni Archeologici, trasferita poi alla Cittadella dei Musei2

 

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 Fonte: http://sardegnadigitallibrary.it/

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1- Nonnis G.L., Cagliari. Passeggiate semiserie. Castello, Cagliari, 2007, p. 55.  

2 Spano G., Guida della città e dintorni di Cagliari, 1861

 

LE GOLE DI LARDERIA – Gemme del Sud – Numero 18 – Settembre-ottobre 2020

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LE GOLE    di            larderia

 

 Gemme del Sud

Motta Camastra

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 (Conosciute come le gole dell’Alcantara) 

Ci troviamo nel Parco Fluviale dell’Alcantara (si pronuncia Alcàntara, derivando dall’arabo Al Qantarah), nel tratto tra Messina e Catania e in particolare nel territorio compreso tra Motta Camastra e Castiglione di Sicilia. Il fiume nasce da alcune piccole sorgenti nei Monti Nebrodi, durante il suo percorso attraversa i campi coltivati alle pendici del Monte Mojo (il cono vulcanico più distante dalla sommità dell’Etna, con cui condivide il bacino magmatico), arrivando più avanti in località Fondaco Motta dove si trovano le gole dell’Alcantara. Le gole formano un canyon naturale con pareti alte fino a 30 metri e larghe dai due ai cinque metri ed è frutto di un processo lungo e complesso, in cui sono intervenuti dei movimenti tettonici, l’erosione del fiume e tre colate laviche importanti. Le pareti sono state formate da queste colate di lava basaltica che, raffreddandosi, hanno creato queste strutture dalle

forme prismatiche, che lasciano i visitatori senza fiato. Tra queste pareti ci sono 

le gole, il cui primo tratto è oggi accessibile e da dove è possibile ammirare 

tutto lo splendido scenario.


Questa è la storia della formazione di questo luogo unico, anche se molto più suggestiva è la leggenda che vi è dietro: vi erano due fratelli contadini di cui uno buono ma cieco, e uno avido. Al momento di dividere il raccolto di grano il contadino disonesto, approfittando della cecità del fratello, riempì tutto il proprio moggio dalla parte più profonda, mentre rivoltò quello del fratello in modo da contenere pochissimo grano. Gli dei se ne accorsero e in preda all’ira scagliarono un fulmine che uccise il contadino avido, trasformò il cumulo di grano nel cono di Monte Mojo e spaccò la terrà creando le gole di Alcantara. Il fiume, le gole e il territorio circostante sono oggi tutelate dall’Ente Parco Fluviale dell’Alcantara, impegnato della tutela e promozione del territorio naturale.

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 Foto di cristinamandarini da Pixabay

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GEMME DEL SUD di Redazione – Numero 18 – Settembre-Ottobre 2020

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GEMME DEL SUD

 

Mentre i nostri sostenitori, penne dallo spiccato senso benefico, arricchiscono le pagine di Myrrha con delizie intellettuali sempre apprezzate a questo progetto, la Redazione ha deciso di ampliare il proprio impegno con ‘Gemme del Sud’. Vogliamo innanzitutto accelerare il processo di moltiplicazione delle scoperte che gli amanti del Sud fanno di giorno in giorno.  Vogliamo anche riparare una memoria che, con gli anni, si fa meno efficiente nell’immagazzinare un così tanto complesso, multidisciplinare e dinamico forziere di incredibili beni.

Nessuna di essi sarà la gemma tra gemme. 


Non saranno tesori, perché quelli competono a quelle penne ispirate che le incastonano nella struttura -parimenti preziosa – che dà forma ai gioielli; saranno brevi e intensi ricordi di qualcosa che c’è e attende l’attenzione di coloro che vorranno esaminarle più approfonditamente.

 

Le Gemme, dunque, nascono dal desiderio di condividere la Bellezza, 

consapevoli che è sempre apprezzata dai tanti che ci seguono.  

 

Come i nostri dotti articoli, questa nuova esperienza editoriale racconta di memorie da far emergere, con un formato semplice e diretto, che aiuti tutti coloro che passano da luoghi dimenticati, o comunque non adeguatamente (ri)emersi, di lanciarsi in avventure inusuali. Il web infatti non è “solo” ricco, è “troppo” ricco. In questa moltitudine di informazioni “perdersi” è semplice. Le Gemme quindi

rappresenteranno dei puntini su una mappa che si arricchirà col tempo  

 

Un tempo che, come ormai sa chi ci legge, Myrrha considera in maniera opposta a ciò che si attenderebbe da un internet iper-veloce. Le Bellezze, infatti, meritano riflessione. E la riflessione non ha orario.

 

La Redazione. In collaborazione con Paola Ceretta, Martina Frattari, Claudia Pasapadoro, Antonella Raponi.

 

 

 

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