IL NUOVO SUD, DOPO “VENT’ANNI DI SOLITUDINE”! di Giuseppe Soriero – Numero 2 – Ottobre 2015

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Il dibattito è già avviato non solo tra i meridionalisti, ma innanzitutto nella Politica e nel Governo.
I riflettori accesi in piena estate dalle anticipazioni del Rapporto SVIMEZ hanno disgelato dati eclatanti di “quella parte dell’Italia che sta peggio della Grecia”: dai 46,6 mila euro di valore aggiunto per abitante di Milano si precipita ai 12 mila in provincia di Agrigento. 
Già Romano Prodi, nella prefazione alla nuova edizione del volume “Sud, vent’anni di solitudine”, aveva richiamato l’attenzione sul “Racconto di due economie” illustrato dall’Economist: il prodotto interno lordo per abitante, in Calabria (16.462 euro) è ancora la metà esatta di quello di un cittadino della Valle d’Aosta (34.415 euro). Adesso, in presenza di primi incoraggianti segnali di ripresa della produzione, e dei consumi, è doveroso chiedersi se l’area meridionale sarà questa volta coinvolta positivamente negli scenari di sviluppo del Paese. Il Governo annuncia infatti nuovi investimenti nazionali ed europei assieme all’elaborazione di un “Master Plan” per l’area meridiana.

IL NUOVO SUD, DOPO
“VENT’ANNI DI SOLITUDINE”!

 

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MEZZOGIORNO SENZA MERIDIONALISMO?

Scritti e libri hanno alimentato un dibattito fazioso tra i sostenitori del mercato e quelli dello Stato: chi gridava allo scandalo per le troppe risorse verso il Sud e chi replicava, implorandone ancora di più.
E giacchè “non si può risolvere un problema con la stessa mentalità che l’ha generato”(Albert Einstein), sono da correggere i guasti indotti sia dal potere centrale che dalle classi dirigenti meridionali, risvegliando l’anima del Sud e suscitando fiducia tra le forze propositive cui si rivolge innanzitutto il messaggio suggestivo della rivista Myrrha. Le energie sane in campo sono tante.
Si può dire infatti che il Mezzogiorno, come l’ambiente descritto nel capolavoro di García Márquez, sia ancora oggi un luogo popolato da persone, quali il protagonista José Arcadio Buendía, «la cui smisurata immaginazione andava sempre più lontano dell’ingegno della natura, e ancora più in là del miracolo e della magia». E si può naturalmente parlare di un’area territoriale certo diversa dal villaggio di Macondo, ma non affatto irrecuperabile, nella quale come altrove «le cose hanno vita propria […] e si tratta soltanto di risvegliargli l’anima».

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RISVEGLIARE L’ANIMA DEL SUD.

Archiviando, innanzitutto, la singolare semplificazione sulla «diversità» identitaria dei meridionali che aveva istigato in alcune zone del Nord una diffusa interpretazione razzista. Certo, l’intervento pubblico straordinario verso il Sud è stato, nel passato, gelosamente tutelato come la «calamita», considerata indispensabile da Arcadio Buendía per «sviscerare l’oro della terra». Una buona parte dei cittadini meridionali, come nel romanzo di Márquez, non riuscendo a «consolarsi dell’insuccesso delle proprie calamite», concepì l’idea di «utilizzare quella invenzione come arma da guerra». E gli effetti qui sono stati devastanti nel moltiplicarsi di calamite clientelari che hanno precluso ogni argine alla penetrazione della corruzione e delle mafie.

MALI DEL SUD E MALI DELL’ITALIA.

Il potere criminale ha saputo cogliere in tempo i ritmi della globalizzazione ed è riuscito a integrare capitali e risorse umane superando ogni dualismo dentro un sistema unitario con baluardi vistosi addirittura in Lombardia, in Liguria, in Emilia e a Roma capitale. Tutto ciò è accaduto proprio mentre la politica privilegiava un dibattito ideologico sul federalismo fiscale come misura risolutiva dell’utilizzo della spesa pubblica, soprattutto per rieducare il Mezzogiorno. 
Vale convincersi, pertanto, che né la politica, né la cultura, hanno più tempo per distrarsi, eternando stancamente meri conflitti territoriali tra “Nordisti” e “Sudisti” giacchè è arrivata l’ora di rivoluzionare il nesso tra politica, economia e pubblica amministrazione. La crisi internazionale ha clamorosamente squarciato il velo e lo scenario oggi è più netto: o le due aree del Nord e del Sud cresceranno insieme o la ripresa dell’Italia rimarrà sempre più tiepida proprio mentre il Mediterraneo è in ebollizione e spinge comunque verso la modifica di secolari equilibri.

UN NUOVO INTERVENTO PUBLICO E PRIVATO.

«Un’altra Europa è possibile» continua a scrivere Habermas nella direzione indicata con nettezza da Paul Krugman: «I nostri governi devono spendere di più, non di meno, assumere insegnanti, costruire infrastrutture, scegliere spese utili». L’analisi più rigorosa delle esperienze internazionali analoghe, dalla Germania all’Irlanda, ci dice che l’intervento dello Stato, solo se protratto nel tempo, con misure innovative e consistenti supporti finanziari, può ridurre drasticamente i divari territoriali interni fino ad annullarli.

Le novità di scenario vanno a questo punto valutate in tempo: la macroregione vera è quella euro mediterranea.

Hic Rhodus hic salta! Il Nord Africa, pur condizionato dalla evidente instabilità politica, cresce più dell’Europa ed è già all’attenzione dei capitali finanziari della Cina e dell’India tanto da indurre rispettabili studiosi a coniare il neologismo “Cindoterraneo”.

Qui, c’è la vera sfida culturale per chi voglia contribuire a innovare il Meridionalismo, sapendo ragionare sull’utilità europea del Sud: un’area che possa essere percepita nella sua validità da ogni cittadino europeo,

dai sistemi europei dell’economia, della finanza, dell’informazione, della scienza e della cultura. Il problema vero è se l’Italia, nel suo insieme, intenderà misurarsi in una competizione non scontata tra alleanze internazionali. Qui, più che altrove, è praticabile la riduzione del costo logistico totale, attraverso l’offerta di servizi integrati per affrontare la sfida globale dei mercati. Dopo l’ampliamento del Canale di Suez v’è la possibilità di raddoppiare in dieci anni i movimenti di merci (nel 2025 ben 56.880.000 di TEU); quale sistema portuale saprà trarne vantaggio? Solo la Spagna, la Francia, il Nord Africa o finalmente anche l’Italia? 
E giacchè le attuali deficienze logistiche implicano per noi “un costo superiore dell’11%, circa 12 miliardi di euro, rispetto alla media europea” (studio Cassa DD.PP.), il pieno utilizzo delle infrastrutture meridionali è la precondizione per tornare a crescere; mediante la specializzazione di filiera di alcuni poli produttivi e di tutti i porti meridionali da Gioia Tauro a Taranto, da Napoli a Cagliari a Catania, con una strategia di sistema, utilissima anche ai porti del Nord, da Genova a Trieste e proiettando finalmente la rete di Alta Velocità da Salerno verso Gioia Tauro e la Sicilia.
Si richiedono oggi, pertanto, coraggio civile e culturale, analoghi a quelli delle classi dirigenti che nel secondo dopoguerra diedero impulso al miracolo economico; per suscitare adesso il proficuo coinvolgimento di tutte le energie culturali, progettuali, operative espresse da sindacati, imprenditori, università, associazioni culturali. Con analogo spessore dell’impegno nazionale profuso per l’Expo di Milano si lavori insomma per esaltare la scelta di Matera 2019, indicando nuove capacità operative e anche nuovi riferimenti simbolici alle nuove generazioni.

 

SYRACUSE, MEDITERRANEAN CROSSROADS FOR THE CULTURE OF JUSTICE di Giovanni Pasqua – Numero 2 – Ottobre 2015

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The International Institute of Higher Studies in Criminal Sciences (ISISC) was founded in 1972 with the ambition of establishing in Syracuse, in the heart of the Mediterranean, an international center for research, study and education that could be an ideal bridge between north and south, east and west, between the Western and the communist countries, between Europe and the Arab world. A place where, despite the apparent peripheral location and the turbulent international political framework, ideas, principles and values could be discussed freely, thus contributing to the development and dissemination of international criminal law.

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This idea was brought forward by the International Association of Penal Law (AIDP) – the oldest and most prestigious association of jurists in the field of criminal law, established in the mid-XIX century – to which we owe the original vision of the Institute, and the support of the local authorities.
To date, over the 40 years since its foundation, and after more than 550 initiatives including seminars, conferences, training courses, research programs and technical assistance projects attended by more than 42,000 law professionals from over 160 countries, but especially in light of the numerous awards received1, it can be said without fear of contradiction that the original objective has been achieved.
The nature and the mission of the Institute are also symbolically represented by ISISC’s new headquarters, located since 2010 in the narrow streets of the old Jewish ghetto of Iureca, in the former Christian Church of San Francesco di Paola and attached Convent of the Minims, while its President Professor M. Cherif Bassiouni, considered one of the fathers of international criminal law, is Egyptian by birth and Muslim by religion.

The presence and activities of the Institute in Siracusa and in Sicily have a symbolic significance. For 40 years the beautiful city of Siracusa, with its ancient culture radiating from the center of the Mediterranean, and its representing a bridge – both geographically and culturally – between the Western and Eastern civilization, has been the host city of this Institute, which likewise spreads the culture of legality and the protection of human rights all over the world, uniting in itself the legal and cultural traditions present at the international level.
In an emblematic gesture, the city of Siracusa has proclaimed itself to be a “city of peace and human rights”. It is a motto that is reflected in the Institute’s work, affirming our conviction that peace and justice are indivisible: there can be no peace without justice, and no justice without peace7.

1. ISISC is a foundation acknowledged by a Decree of the President of the Italian Republic in 1980, and a NGO recognized by Decree Law of the Italian Ministry of Foreign Affairs in 2006, enjoying consultative status with the United Nations and the Council of Europe. It is also one of the 18 international organizations comprising the United Nations Crime Prevention and Criminal Justice Programme Network (PNI) and has cooperation agreements with several international and Italian institutions (High Judicial Council, Higher School of the Judiciary, Higher School of Advocacy). 2. The Institute then continued to support the work of the Committee, organizing several meetings of the Preparatory Committee that led to the establishment of the International Criminal Court (ICC – CPI) in 1998 by the Diplomatic Conference held in Rome; the President of ISISC was also President of the Drafting Committee. 3. Among these instruments, we should mention the drafting of the ‘Convention on International Cooperation in Criminal Matters’, a curriculum for the teaching of European Criminal Conventions in European universities, and the ‘Guidelines for the Protection of Cultural Heritage in Europe’ (with the support of the European Parliament). 4. These instruments include the ‘Principles on the Independence of the Judiciary and the Legal Profession’, ‘Principles on the Protection of the Rights of the Mentally Ill’, ‘Guiding Principles on Crime Prevention and Criminal Justice in the Context of Development’, ‘Model Treaty on the Transfer of Prisoners’ , ‘Model Treaty on the Transfer of Criminal Proceedings’, ‘Model Treaty on Extradition’, ‘Model Treaty on Enforcement of Sentences’. 5. In the framework of this program, a conference was held in Syracuse in September 2003 which was attended by delegations from all the 22 member countries of the Arab League, seven of which were represented by their Ministers of Interior or Justice. 6. In recognition of its efforts in Afghanistan, ISISC was awarded the “2008 Management and Staff Training Award”, a prize presented by the International Corrections and Prisons Association (ICPA), an international association of experts in penitentiary law representing more than 80 countries. 7. In several publications, ISISC President Prof. M. Cherif Bassiouni quotes the following sayings from the three largest monotheistic religions, which all emphasize the importance of this concept: “The world rests on three pillars: on truth, on justice, and on peace” (Rabban Simeon ben Gamaliel); “If you see a wrong you must right it; with your hand if you can, or, with your words, or, with your stare, or in your heart” (Hadith of the Prophet Mohammed); “If you want peace, work for justice” (Pope Paul VI).

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Among the Institute’s most significant contributions to the development of international criminal law must be mentioned the support given, since the 70s, to the establishment of the International Criminal Court, whose first draft text elaborating its Statute, put before the United Nations Preparatory Committee in 1996, was called the ‘Siracusa Draft’2. The Institute also played a central role in drafting numerous UN Conventions, including the Convention against Torture (adopted in 1984), whose first text was drafted by a group of experts who met in Syracuse, and many legal instruments approved by the Council of Europe3 and the United Nations4, currently used for the alignment of the legislation of the UN member states.
As part of its mission, the Institute has paid particular attention to the Mediterranean area and the Middle East, contributing to the dialogue between the Western and Islamic systems in order to lay the basis for a mutual understanding aimed to promote initiatives of mutual cooperation. In the late 80s, thanks to the contribution of the Council of Europe, the ‘European Convention on Human Rights and its Protocols’ and the ‘European Convention on Torture’ were translated into Arabic. In the same period ISISC conducted numerous programs for human rights information, that culminated in the elaboration of a draft ‘Arab Charter of Human Rights’. In the framework of the collaboration with the Arab League, the ‘Arab Framework Law on International Cooperation in Criminal Matters’ was then drafted, which has then become a fundamental tool for the alignment of Arab countries’ legislation5.

SYRACUSE, MEDITERRANEAN CROSSROADS FOR THE CULTURE OF JUSTICE

 

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However, the Institute has not only worked for the development of regulatory standards and research activities aimed at advancing the scientific debate, but, since early 2000, it has applied its considerable know-how and experience in support of developing and post-conflict countries, through the implementation of technical assistance projects in countries such as Afghanistan, Albania, Egypt, Iraq, Lebanon and Macedonia. In Afghanistan, for example, ISISC was present from 2003 to 2010 with activities mainly funded by the Italian government and the United Nations, but also by Great Britain, Lithuania, Norway and the United States. These activities addressed the reform of the penal system, the protection of human rights, penitentiary reforms6 and counter narcotics efforts, and they involved more than 2,700 judges and police officers and covered 19 of the 32 Afghan provinces. In Iraq, since 2002, the Institute has carried out several technical assistance programs in the field of human rights, the rule of law and post-conflict justice, developing, among other things, a strategic plan for the reform of the judicial system that was approved by the Prime Minister of Iraq in 2006.

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SIRACUSA CROCEVIA MEDITERRANEO PER LA CULTURA DELLA GIUSTIZIA di Giovanni Pasqua – Numero 2 – Ottobre 2015

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alla diffusione del diritto penale internazionale. 



Intorno a questa idea si incontrarono la volontà dell’Associazione Internazionale di Diritto Penale (AIDP) – la più antica e prestigiosa associazione di giuristi nel campo del diritto penale costituita a metà del XIX Secolo – alla quale si deve l’idea originaria e la lungimiranza degli enti locali siciliani dell’epoca.

Dopo oltre 40 anni dalla sua fondazione e dopo oltre 550 iniziative tra seminari, conferenze, corsi di formazione, progetti di ricerca e di assistenza tecnica, con la partecipazione di più di 42.000 giuristi di oltre 160 Paesi, ma soprattutto alla luce dei riconoscimenti ricevuti1, si può affermare senza tema di smentita che questo obiettivo sia stato centrato.

La natura e la vocazione dell’Istituto sono oggi simbolicamente rappresentati anche dalla nuova sede dell’ISISC che dal 2010 è stata spostata tra gli stretti vicoli dell’antico ghetto ebraico della Iureca, nell’ex Chiesa Cristiana e convento di San Francesco Di Paola, e dal suo Presidente il Prof. Cherif Bassiouni, egiziano di nascita e musulmano di religione, considerato tra i padri del diritto penale internazionale.

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Tra i più significativi contributi dell’Istituto intesi a promuovere lo sviluppo del diritto penale internazionale vanno ricordati il supporto dato sin dagli anni settanta all’istituzione della Corte 

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la cui prima bozza di testo presentata davanti al Comitato Preparatorio delle Nazioni Unite nel 1996 con il compito di elaborare lo Statuto della Corte venne chiamata Siracusa Draft2. L’Istituto, inoltre, ha avuto un ruolo fondamentale nell’elaborazione di numerose Convenzioni delle Nazioni Unite, fra cui quella contro la Tortura (adottata nel 1984) il cui primo testo fu redatto da un gruppo di esperti riunitisi a Siracusa, ed in numerosi strumenti giuridici approvati dal Consiglio d’Europa3 e dalle Nazioni Unite4, attualmente utilizzati per l’adeguamento legislativo dei Paesi membri dell’ONU. 

Come propria missione l’Istituto ha dedicato una particolare attenzione al bacino del Mediterraneo e del Medio Oriente, contribuendo al dialogo fra i sistemi occidentali e islamici nell’ottica di porre le basi per una reciproca conoscenza al fine di favorire iniziative di mutua cooperazione. Sul finire degli anni ottanta e grazie al contributo del Consiglio d’Europa sono state tradotte in arabo la ‘Convenzione Europea sui Diritti Umani e i suoi Protocolli’ e della ‘Convenzione Europea sulla Tortura’, e nello stesso periodo sono stati condotti numerosi programmi per la diffusione dei diritti umani che sono culminati nell’elaborazione di una bozza della Carta Araba dei Diritti Umani.

e che fa da ponte – sia geografico quanto culturale – fra la civiltà occidentale e quella orientale, così l’Istituto ha promosso la diffusione della cultura della legalità e della tutela dei diritti umani in tutto il mondo, riunendo in sé le istanze delle diverse tradizioni giuridiche e culturali presenti a livello internazionale. 

Con un gesto emblematico, la città di Siracusa è stata proclamata “Città per la Pace e per i Diritti Umani”. Queste parole si riflettono a loro volta nella missione stessa dell’ISISC, che non fa che riaffermare la sua convinzione che pace e giustizia non siano divisibili: non vi può essere pace senza giustizia, né giustizia senza pace7.

1. L’ISISC è una Fondazione riconosciuta con Decreto del Presidente della Repubblica Italiana dal 1980 e ONG riconosciuta con Decreto del Ministero degli Esteri del 2006 e ha ottenuto lo Statuto Consultivo presso le Nazioni Unite e il Consiglio d’Europa. E’ inoltre uno dei 18 Istituti a livello internazionale membri del Network delle Nazioni Unite per la Prevenzione del Crimine e la Giustizia Penale (PNI) e ha accordi di collaborazione con istituzioni Italiane (CSM, Scuola della Magistratura, Scuola dell’Avvocatura) ed internazionali. 2. L’Istituto ha poi continuato a supportare i lavori della Commissione, organizzando numerose riunioni del Comitato Preparatorio che hanno portato all’istituzione della Corte Penale Internazionale (ICC – CPI) nel 1998 da parte della Conferenza Diplomatica tenutasi a Roma e di cui il presidente dell’ISISC fu anche Presidente del Comitato di redazione. 3. Tra questi strumenti vanno menzionati la redazione della ‘Convenzione sulla cooperazione internazionale in materia penale’, un programma di studi uniforme per l’insegnamento delle Convenzioni Penali Europee nelle università europee, le ‘Linee-Guida per la tutela del patrimonio dei beni culturali in Europa’ (con la partecipazione del Parlamento Europeo). 4. Tra questi strumenti i “Principi sull’indipendenza del potere giudiziario e della professione legale”, “Principi sulla tutela dei diritti del malato di mente”, “Principi Guida sulla prevenzione del crimine e sulla giustizia penale nel contesto dello sviluppo “, “Trattato Modello sul trasferimento dei detenuti”, il “Trattato Modello sul trasferimento dei procedimenti penali”, il “Trattato Modello sull’estradizione”, il “Trattato Modello sull’esecuzione delle sentenze penali”. 5. Nell’ambito di tale programma nel settembre 2003 si tenne a Siracusa una Conferenze alla quale parteciparono le delegazioni di tutti i 22 Paesi membri della lega Araba, e 7 di queste erano rappresentate dai rispettivi Ministri dell’Interno o della Giustizia. 6. Come riconoscimento di tale impegno, l’ISISC è stato insignito del “2008 Management e Staff Training Award”, un premio assegnato dall’International Corrections and Prisons Association (ICPA), un’associazione internazionale composta da esperti di diritto penitenziario in rappresentanza di oltre 80 paesi, per le attività svolte in Afghanistan. 7. In diverse sue pubblicazioni, il Presidente dell’ISISC, Prof. Cherif Bassiouni, riporta le seguenti citazioni dalle tre grandi religioni monoteiste, che sottolineano tutte l’importanza di tale concetto: “Il mondo si basa su tre fondamenti: sulla verità, sulla giustizia, e sulla pace” Rabban Simeon Ben Gamaliel. “Se vedi uno sbaglio bisogna correggerlo; con le tue mani se puoi, o con le tue parole, o con il tuo sguardo, o nel tuo cuore” Hadith del Profeta Maometto. “Se vuoi la pace, lavora per la giustizia” Papa Paolo VI.

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L’ambizione dei soci fondatori che nel 1972 costituirono l’Istituto Superiore Internazionale di Scienze Criminali “ISISC”, era quella di creare a Siracusa, nel cuore del Mediterraneo, un centro di ricerca, studio e formazione internazionale che potesse costituire un ponte ideale tra nord sud est ovest, tra i Paesi Occidentali e quelli comunisti, tra l’Europa e il mondo Musulmano. Un luogo nel quale a dispetto della collocazione apparentemente periferica e del turbolento quadro politico internazionale si potesse discutere e confrontarsi su idee, principi e valori, contribuendo allo sviluppo e 

Nell’ambito della collaborazione con la Lega Araba è stata poi elaborata la Legge Quadro Araba sulla Cooperazione Internazionale in Materia Penale divenuto uno strumento fondamentale per l’adeguamento legislativo dei Paesi arabi5.

L’Istituto non si è però limitato allo sviluppo di standard normativi e di attività di ricerca volte al progresso del dibattito in sede scientifica, ma dall’inizio del 2000 ha inteso mettere a disposizione l’enorme bagaglio di conoscenze e di esperienza anche a favore dei Paesi in via di sviluppo e quelli usciti da conflitti attraverso l’implementazione di numerosi progetti di assistenza tecnica, in Afghanistan, Albania, Egitto, Iraq, Libano, Macedonia. In Afghanistan, ad esempio, l’ISISC è stato presente dal 2003 al 2010 con attività finanziate principalmente dal Governo italiano e dalle Nazioni Unite, ma anche da Gran Bretagna, Lituania, Norvegia e Stati Uniti, sulla riforma del sistema penale, sulla tutela dei diritti umani, sulla riforma penitenziaria6 e sulla lotta agli stupefacenti, coinvolgendo oltre 2.700 magistrati e ufficiali di polizia e svolgendo attività in ben 19 delle 32 province afgane. Anche in Iraq, dal 2002 ad oggi, l’Istituto ha svolto numerosi programmi di assistenza tecnica nel campo dei diritti umani, dello stato di diritto e della giustizia del dopoguerra elaborando anche un Piano Strategico per la riforma del sistema giudiziario che è stato approvato dal Primo ministro iracheno nel 2006.

La presenza e le iniziative dell’Istituto a Siracusa e in Sicilia contengono sicuramente un significato simbolico. Allo stesso modo in cui la splendida città di Siracusa, possiede una sua cultura antica che s’irradia dal centro del Mediterraneo,

SIRACUSA CROCEVIA MEDITERRANEO PER LA CULTURA DELLA GIUSTIZIA

 

 

SYRACUSE CARREFOUR MEDITERRANÉEN POUR LA CULTURE DE LA JUSTICE di Giovanni Pasqua – Numero 2 – Ottobre 2015

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et contribuer au développement et à la diffusion du droit pénal international. 

Autour de cette idée se rencontrèrent la volonté de l’Association Internationale de Droit Pénal (AIDP) – la plus ancienne et la plus prestigieuse association d’avocats dans le domaine du droit pénal établie au milieu du XIXème siècle – qui eut l’idée originale de cet Institut, et la vision des institutions locales siciliennes de l’époque.

Plus de 40 ans après sa fondation et plus de 550 initiatives après – séminaires, conférences, cours de formation, projets de recherche et d’assistance technique – auxquelles ont participé plus de 42.000 avocats originaires de plus de 160 pays, mais surtout à la lumière des manifestations de reconnaissance reçues1, on peut affirmer sans crainte d’être contredit que cet objectif a été atteint.

La nature et la vocation de l’Institut sont maintenant également représentées symboliquement par le nouveau siège de l’ISISC qui, depuis 2010, a été déplacé dans les rues étroites du vieux ghetto juif de la Iureca, dans l’ancienne église chrétienne et le couvent de San Francesco di Paola, et par son Président, le Professeur Cherif Bassiouni, Egyptien de naissance et de religion musulmane, considéré comme l’un des pères du droit pénal international.

 

SYRACUSE CARREFOUR MEDITERRaNÉEN POUR LA CULTURE DE LA JUSTICE

 

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Parmi les contributions les plus importantes de l’Institut pour promouvoir le développement du droit pénal international, il convient de mentionner le soutien apporté depuis les années soixante-dix à la mise en place de la Cour Pénale Internationale,

dont le projet de texte initial présenté devant le Comité préparatoire de l’Organisation des Nations Unies en 1996 avec la tâche de rédiger le Statut de la Cour est connu sous le nom de Projet de Syracuse2. L’Institut a également joué un rôle dans le développement de nombreuses Conventions des Nations Unies, y compris celle contre la torture (adoptée en 1984) dont le premier texte fut rédigé par un groupe d’experts réunis à Syracuse, et dans de nombreux instruments juridiques approuvés par le Conseil de l’Europe3 et les Nations Unies4, actuellement utilisés pour la mise en conformité des législations des pays membres de l’ONU. 

Fidèle à sa mission, l’Institut a accordé une attention particulière au bassin méditerranéen et au Moyen-Orient, contribuant au dialogue entre le monde islamique et les systèmes occidentaux, afin de jeter les bases pour une compréhension réciproque et pour promouvoir des initiatives de coopération mutuelle. À la fin des années quatre-vingts, et grâce à la contribution du Conseil de l’Europe, la «Convention Européenne des Droits de l’Homme et ses Protocoles» et la «Convention Européenne sur la Torture» ont été traduites en arabe. Au cours de la même période, de nombreux programmes pour la diffusion des Droits de l’Homme ont été menés et ils ont abouti à l’élaboration d’un projet de Charte Arabe des Droits de l’Homme..

et qui relie – à la fois géographiquement et culturellement – les civilisations occidentales et orientales, l’Institut a encouragé la propagation de la culture de la légalité et de la protection des Droits de l’Homme dans le monde entier, réunissant en son sein les différentes traditions juridiques et culturelles présentes à l’échelle internationale. 

Symboliquement, la ville de Syracuse a été proclamée “Ville pour la Paix et Droits de l’Homme”. Ces mots se reflètent à leur tour dans la mission même de l’ISISC, qui ne peut que réaffirmer sa conviction que la paix et la justice ne sont pas divisibles: il ne peut y avoir de paix sans justice, ni de justice sans paix6.

1. L’ISISC est une fondation reconnue par Décret du Président de la République Italienne de 1980 et une ONG reconnues par Décret du Ministère des Affaires Etrangères de 2006. Il jouit d’un statut de Catégorie 2 à l’ONU et c’est l’une des 18 organisations affiliées au Programme pour la Prévention du Crime et la Justice Pénale de l’Organisation des Nations Unies (PNI). L’Institut bénéficie également du statut d’organe consultatif auprès du Conseil de l’Europe. L’ISISC, enfin, a conclu des accords de collaboration avec des institutions si bien italiennes (Conseil Supérieur de la Magistrature, École de la Magistrature, Ecole des Avocats) que internationales. 2. L’Institut a également continué à soutenir le travail de la Commission, en organisant plusieurs réunions du Comité Préparatoire qui ont conduit à la création de la Cour Pénale Internationale (CPI – IPC) en 1998 par la Conférence Diplomatique tenue à Rome et dont le Président de l’ISISC fut également Président du Comité de Rédaction. 3. Parmi ces outils figurent la rédaction de la «Convention sur la Coopération Internationale en Matière Pénale», un programme d’études unifié pour l’enseignement des Conventions Pénales Européennes dans les universités européennes, les «Lignes Directrices pour la Protection du Patrimoine Culturel en Europe » (avec la participation du Parlement Européen). 4. Parmi ces outils les «Principes relatifs à l’indépendance de la magistrature et la profession juridique», «Principes pour la protection des droits des malades mentaux », « Principes directeurs sur la prévention du crime et la justice pénale dans le contexte du développement », « Traité Type sur le transfert des détenus », le « Traité Type sur le transfert des procédures pénales », le « Traité Type d’extradition », le « Traité Type sur l’exécution des décisions pénales ». 5. Dans le cadre de ce programme, une Conférence a eu lieu à Syracuse en Septembre 2003, réunissant des délégations de l’ensemble des 22 pays membres de la Ligue arabe, dont sept d’entre eux ont été représentés par leurs Ministres de l’Intérieur ou de la Justice. 6. Dans plusieurs publications, le Président de l’ISISC, le Professeur Cherif Bassiouni, mentionne les citations suivantes des trois grandes religions monothéistes, qui soulignent toutes l’importance de ce concept: «Le monde repose sur trois piliers: la vérité, la justice, et la paix » Rabin Siméon ben Gamaliel. « Si tu vois une erreur, tu dois la corriger; avec tes mains si tu peux, ou tes paroles, ou ton regard, ou dans ton cœur » Hadith du Prophète Mohamed “Si tu veux la paix, travaille pour la justice” Pape Paul VI.

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L’ambition des fondateurs, qui en 1972 formèrent l’Institut International des Hautes Etudes en Sciences Pénales “ISISC”, était de créer à Syracuse, en plein cœur de la Méditerranée, un centre international de recherche, d’étude et de l’éducation qui puisse être un pont entre le nord le sud l’est et l’ouest, entre les pays occidentaux et les pays communistes, entre l’Europe et le monde musulman. Un endroit où malgré sa situation apparemment périphérique et le cadre turbulent de politique internationale il serait possible de discuter et débattre sur des idées, des principes et des valeurs, 

 Dans le cadre de la collaboration avec la Ligue Arabe, la Loi Cadre Arabe sur la Coopération Internationale en Matière Pénale a ensuite été rédigée, devenant un outil fondamental pour la mise en conformité législative des pays arabes5.

L’Institut ne s’est cependant pas limité à l’élaboration de normes réglementaires et à des activités de recherche visant à faire avancer le débat dans la communauté scientifique. Au contraire, depuis le début des années 2000, il s’est efforcé de mettre l’immense richesse de ses connaissances et de ses expériences à disposition des pays en voie de développement et de ceux qui sortent d’un conflit, à travers la mise en œuvre de plusieurs projets d’assistance technique en Afghanistan, Albanie, Egypte, Irak, Liban et Macédoine. En Afghanistan, par exemple, l’ISISC a été actif entre 2003 et 2010 par des initiatives financées principalement par le gouvernement italien et l’Organisation des Nations Unies, mais aussi par la Grande-Bretagne, la Lituanie, la Norvège et les États-Unis, sur la réforme du système pénal, la protection des Droits de l’Homme, la réforme pénitentiaire et la lutte contre la drogue, faisant participer plus de 2700 juges et officiers de police exerçant des activités dans 19 des 32 provinces afghanes. En Irak également, depuis 2002, l’Institut a mené plusieurs programmes d’assistance technique dans le domaine des Droits de l’Homme, de l’Etat de Droit, et de la justice et a développé un Plan Stratégique pour la réforme du système judiciaire qui a été approuvé par le Premier Ministre irakien en 2006.

La présence et les initiatives de l’Institut à Syracuse et en Sicile ont certainement une signification symbolique. De même que la magnifique ville de Syracuse possède une culture ancienne qui rayonne à partir du centre de la Méditerranée,

 

LE MEZZOGIORNO AU CENTRE DE L’ATTENTION di Carlo Malinconico – Numero 2 – Ottobre 2015

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La « question méridionale » a été ravivée ces derniers mois. Tout d’abord par les données de l’étude SVIMEZ pour le septennat 2007-2014, selon laquelle le Sud de l’Italie a eu ces dernières années une croissance économique plus faible que celle de la Grèce, puis l’article de Roberto Saviano sur l’état d’abandon du Sud, puis l’article du magazine l’Espresso dénonçant le fait que « le Sud a disparu » « Effondrement démographique, fuite des cerveaux, économie immobile, entrepreneuriat absent ». Le mérite de ces publications a été de remettre l’état critique du Sud parmi les objectifs de l’action gouvernementale, le gouvernement ayant indiqué qu’il s’en saisira en octobre. Le ministre du Développement économique a en effet annoncé la convocation des Etats Généraux du Sud.

LE MEZZOGIORNO AU CENTRE DE L’ATTENTION

 

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Le Sud constitue une opportunité qui peut bénéficier au pays tant sur le plan économique que sur les autres plans, grâce aux énergies et aux ressources qu’il recèle et au potentiel de réhabilitation et de développement que des actions bien ciblées peuvent libérer.

Bien sûr, comme le note le rapport SVIMEZ, l’entreprise n’est pas facile, mais les résultats peuvent être significatifs. Dans le cadre général – certainement peu brillant – des résultats de notre pays, les chiffres concernant le Sud montrent une baisse plus importante que la moyenne nationale: qu’il s’agisse de l’investissement ou de l’emploi, de la capitalisation ou de la taille des entreprises ou de leur capacité productive. Il n’est pas négligeable que les exportations qui expliquent une grande partie de l’amélioration – bien que modeste – de la situation économique du Centre-Nord, ne se développent pas, pour des raisons structurelles, dans le Sud. La crainte est que ces facteurs ne se traduisent par une spirale qui conduise à la désertification du Sud, avec des scénarios allant de la dépression économique à l’émigration des jeunes en quête de formation ou d’emploi. Cela causerait un dommage énorme l’ensemble de la communauté nationale. Le Sud est traditionnellement complémentaire à l’économie du Nord et l’absence de demande intérieure qui affecte l’économie du Nord, bénéficierait certainement d’une augmentation de cette dernière, qui a diminué précisément dans le Sud et qui, en cas de reprise, donnerait une impulsion majeure à l’ensemble de l’économie nationale. Voilà pourquoi le Sud ne devrait pas être considérée comme un problème mais comme une opportunité et il convient de concentrer les efforts pour redonner un élan au Sud et, avec lui, au pays. La mission de la politique industrielle doit être d’indiquer aux institutions et aux entreprises des priorités et des objectifs à atteindre, de sorte que les efforts soient coordonnés et efficaces. Les ressources publiques et privées sont limitées, il donc indispensable de les concentrer sur quelques objectifs jugés essentiels. Bien sûr, il faut s’inspirer des analyses de la Banque d’Italie, de SVIMEZ et d’autres instituts, pour en dégager des axes d’actions. Sans oublier que les institutions peuvent faire beaucoup si elles peuvent identifier des priorités, des moyens d’accélérer et de concentrer les compétences nécessaires pour atteindre ces objectifs. Bref, beaucoup peut être fait pour soutenir l’action des opérateurs privés même sans l’utilisation de ressources publiques et sans recours à des outils exceptionnels. 
L’idée de convoquer des Etats Généraux du Mezzogiorno, annoncé par le Ministre du Développement Economique est digne d’encouragement. Les Etats Généraux n’appartiennent pas à la tradition de notre pays. Mais l’esprit et le but en sont partagés. Les institutions nationales et locales, les universités, les opérateurs économiques et financiers, les syndicats doivent pouvoir exprimer leurs points de vue dans le cadre d’une consultation publique et transparente ou d’une conférence institutionnelle élargie aux citoyens, d’un débat public avec un calendrier prédéfini. Puis chacun prendra ses décisions dans sa sphère de compétences. Il ne s’agit pas d’une forme de concertation paralysante avec droits de vote, mais d’une discussion commune qui permette également de créer des synergies entre les institutions, notamment locales ou à compétences territoriales définies, afin d’assurer la coordination des politiques et des actions sur le territoire.
Des propositions qui pourraient être soumises à cette consultation peuvent déjà être avancées.
Il convient de privilégier parmi les initiatives économiques celles qui investissent dans les filières productives (global value chain) en particulier le secteur agro-alimentaire et les services, ces derniers constituant au Sud le secteur qui montré une croissance majeure, et dans les infrastructures, en particulier les services publics de mobilité et les réseaux.

La nécessité, ressentie par tous, de mettre à nouveau le Mezzogiorno au centre de l’attention nationale doit être considérée non pas comme un problème insoluble, mais comme une grande chance, non seulement pour le Sud, mais pour tout le pays.

Le Sud n’a pas besoin de grands travaux, ils ne sont en tout cas pas une priorité, mais d’un entretien adapté du territoire, des infrastructures existantes et de l’environnement, avec des interventions qui auraient l’avantage d’un retour immédiat en termes économiques, et de résultats rapides sur l’activité économique et touristique.

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ce qui frappe le voyageur c’est le mythe, la légende qui figure derrière chaque lieu, symbole, rocher, buisson ou falaise. Ici, plus que dans toute autre partie de notre pays, la nature et les choses sont vivantes et racontent des histoires et des traditions.

La base de tout est la légalité. Elle doit constituer l’engagement de l’Etat à assurer la sécurité des citoyens et des opérateurs. Il faut favoriser particulièrement dans le Sud la création de centres d’excellence

La valorisation du patrimoine artistique, historique, et archéologique – qui constitue la vraie richesse naturelle du Sud – requiert un ensemble de compétences qui heureusement existent déjà, mais aussi une communication plus efficace et la définition de parcours de qualité qui expriment ces valeurs. Il faudrait utiliser au mieux les moyens modernes d’accès à l’information et la “mise en réseau” des connaissances et expériences, afin de créer les synergies nécessaires au développement et en faciliter l’accès: un Portail Pour le Sud, autour duquel solliciter la création, par des universitaires et des étudiants, d’applications pour faciliter l’accès aux utilisateurs. Les administrations, les universités et les opérateurs peuvent coopérer dans ce but.
Last but not least, la formation. Les universités doivent trouver de meilleures formes d’intégration et de coordination des cours, pour éviter les chevauchements préjudiciables. Il conviendrait ensuite de se concentrer sur les centres d’excellence, de les identifier et de les favoriser. Des cours de formation post universitaires peuvent être institués pour soutenir la création de spin-off dans les secteurs économiques les plus prometteurs, identifiés dans les axes de développement, des parcours qui impliquent les universitaires, les diplômés et les opérateurs économiques.

pour inciter les jeunes à entreprendre des carrières dans la magistrature et les forces armées et de police.
Il ne s’agit bien sûr que de quelques idées. Il peut s’en trouver d’autres et des meilleures, avec une conviction : que le Sud, malgré les critiques qui ont récemment ressurgi, est une grande opportunité de croissance, un laboratoire dans lequel peuvent être expérimentées des voies utiles à l’ensemble du pays. L’énergie et la volonté sont là et il peut être fait appel à ceux qui dans le Sud croient et sont prêts à adhérer, de manière désintéressée, à une «mobilisation» des intelligences qui puissent contribuer à concevoir un nouveau démarrage. Ce serait un autre don du Sud.

A cette fin il serait utile de s’inspirer de ce qui a été réalisé dans d’autres pays européens sur les Zones Economiques Spéciales (ZES) qui, comme l’explique l’étude SVIMEZ, sont «les zones caractérisées par la présence d’un port … et dans lesquelles sont appliqués des systèmes de traitement douanier spécifiques, des exonérations fiscales, des facilités administratives et de services aux entreprises, dans le but principal d’attirer des investisseurs étrangers ». Les avantages fiscaux prévus par l’UE devraient être utilisés dans ces ZES. Dans le Sud, les ZES pourraient être établies dans les zones portuaires transhipment de Gioia Tauro, Tarente et Catane. Sans oublier que les grands réseaux qui transportent le gaz, et sont essentiels pour la production d’énergie, ont différents points d’accès dans notre Mezzogiorno et de là, rayonnent dans le reste du continent: quatre gazoducs partent de la rive sud de la Méditerranée vers l’Europe, deux d’entre eux vers le sud de l’Italie: le Transmed qui de l’Algérie traverse la Tunisie pour arriver à Mazara del Vallo, le Greenstream, qui de la Libye arrive à Gela; et d’autres sont prévus: le gazoduc Galsi entre l’Algérie et la Sardaigne puis vers Piombino; le TAP – le gazoduc trans-andriatique, qui traversera la Grèce et l’Albanie pour rejoindre le réseau italien à Salento; l’Interconnexion Grèce-Italie (Port d’Otrante).
Pour financer ces interventions il convient d’utiliser au mieux les Fonds Structurels pour la période 2014-2020. Là aussi, une coopération mutuelle est nécessaire. Il existe en effet des administrations et des régions capables plus que d’autres de partager leurs connaissances sur les modalités d’accession à ces fonds. Le transfert de ces best practice constituerait une valeur ajoutée à exploiter, par le détachement d’experts des meilleures administrations dans celles moins efficaces, ou l’envoi d’employés de ces dernières dans les premières pour apprendre les méthodes les plus adaptées. La Conférence Etat-Régions pourrait donner une impulsion au processus.
Une autre ressource clé de notre Mezzogiorno sont la culture et les paysages. Ce n’est pas seulement la beauté des panoramas ou des monuments historiques ou archéologiques qui surprend le visiteur mais le caractère évocateur de cette beauté. Qu’il s’agisse des bronzes de Riace, ou de la Vallée des Temples d’Agrigente, du théâtre grec de Syracuse, de Paestum, de Pompéi ou d’Herculanum, de la campagne du Salento, du Cretto Burri ou des Sassi de Matera,

 

IL MEZZOGIORNO NEL FUOCO DELL’ATTENZIONE di Carlo Malinconico – Numero 2 – Ottobre 2015

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Si è riaccesa negli ultimi mesi la “questione meridionale”. Prima i dati della ricerca Svimez per il settennio 2007-2014, secondo cui il Mezzogiorno d’Italia ha avuto negli ultimi anni una crescita economica inferiore a quella della Grecia, poi l’articolo di Saviano sullo stato di abbandono del Sud, poi l’articolo de L’Espresso che denuncia “È sparito il Sud” “Crollo demografico. Fuga di cervelli. Economia immobile. Imprenditoria assente”. Il merito di queste denunce è stato quello di riportare le criticità del Sud negli obiettivi dell’azione di Governo, che – a quanto comunicato – se ne occuperà a ottobre prossimo. Il Ministro dello sviluppo economico ha preannunciato la convocazione degli Stati Generali del Sud.

 

IL MEZZOGIORNO NEL FUOCO DELL’ATTENZIONE

 

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Per le energie e le risorse che può esprimere e per il margine di recupero e di sviluppo che azioni ben mirate possono realizzare, il Sud costituisce un’occasione in grado di avvantaggiare i conti, economici e non, del Paese.

Certo, come ricorda il rapporto SVIMEZ l’impresa non è facile, ma i risultati possono essere importanti. Nel generale quadro – non certo brillante – dei risultati del nostro Paese, le cifre che riguardano il Mezzogiorno indicano un arretramento maggiore rispetto alla media nazionale: dagli investimenti all’occupazione, dalla capitalizzazione e dimensione delle imprese alla capacità produttiva. Non insignificante è la considerazione che il traino delle esportazioni, che costituisce gran parte del, sia pur modesto, miglioramento della congiuntura economica del Centro-Nord, non funziona, per ragioni strutturali, al Sud. Il timore è che questi fattori diano luogo ad un avvitamento, che porti alla cosiddetta desertificazione del Sud, con scenari che vanno dalla depressione economica alla fuga dei giovani in cerca di formazione prima ancora che di occupazione. Sarebbe un danno enorme per l’intera comunità nazionale. Il Sud è tradizionalmente complementare all’economia del Nord e la carenza di domanda interna, che affligge l’economia del Nord, certo si avvantaggerebbe di una crescita della domanda interna, che proprio al Sud è maggiormente calata e che, in caso di ripresa, darebbe una spinta importante a tutta l’economia nazionale. Ecco perché il Sud non va visto come un problema ma come un’opportunità ed occorre una concentrazione di sforzi per ridare slancio al Sud e, con esso, al Paese.

L’esigenza, da tutti avvertita, di mettere nuovamente il Mezzogiorno nel fuoco dell’attenzione nazionale deve essere vista non come un problema irresolubile, ma come una grande occasione, non solo per il Sud ma per tutto il Paese.

Non di grandi opere ha necessità il Sud, almeno non come priorità, ma di una robusta manutenzione del territorio, delle infrastrutture esistenti e dell’ambiente, con interventi che avrebbero il pregio di un ritorno immediato in termini economici di effetto della spesa e della fruibilità immediata a vantaggio delle attività economiche e turistiche.

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Certo occorre una politica industriale che dia punti di riferimento precisi e affidabili. Le energie non possono disperdersi in mille rivoli. Occorre procedere con realismo ma anche con determinazione.

Compito della politica industriale deve essere quello di indicare a Istituzioni e imprese le priorità e gli obiettivi da realizzare, in modo che gli sforzi siano coordinati ed efficaci. Le risorse, pubbliche e private, sono limitate e a maggior ragione occorre concentrarle su alcuni obiettivi ritenuti essenziali. Certo si deve partire dalle analisi già elaborate da Banca d’Italia, da SVIMEZ e da altri Istituti, per trarne gli spunti dell’azione di governo. Senza dimenticare che le Istituzioni possono fare molto già se riescono a individuare priorità, descrivere procedimenti accelerati, concentrare le competenze per realizzare detti obiettivi. Insomma, molto si può fare, anche senza impiego di pubbliche risorse e senza ricorso a strumenti straordinari, per sostenere l’azione degli operatori privati.
L’idea della convocazione degli Stati generali del Mezzogiorno, preannunciata dal Ministro dello sviluppo economico appare meritevole d’incoraggiamento. Gli Stati generali non appartengono, invero, alla tradizione del nostro Paese. Ma lo spirito e l’obiettivo sono condivisibili. Istituzioni nazionali e locali, Università, operatori economici e finanziari, sindacati debbono poter esprimere i rispettivi punti di vista in una sorta di consultazione pubblica e trasparente o, se si vuole, una conferenza di servizi allargata al pubblico, un débat public con tempi prefissati. Poi ognuno prenderà le sue determinazioni nell’ambito della propria sfera di competenza. Non una forma di necessaria concertazione paralizzante e con diritti di veto, ma una discussione comune che valga anche a mettere in sinergia le istituzioni, specie locali o con competenza territorialmente delimitata, al fine di assicurare il coordinamento delle direttive e delle azioni sul territorio. 
Possono fin d’ora avanzarsi proposte da sottoporre al vaglio di questa consultazione. 
Tra le iniziative economiche, occorre privilegiare quelle che investono sulle filiere produttive (global value chain), specie della catena alimentare e dei servizi, questi ultimi essendo – oltre tutto – il settore che ha manifestato al Sud la maggiore positività, e sulle infrastrutture, specie quelle dei servizi pubblici di mobilità e sulle reti.

Si potrebbe puntare, a questo fine e prendendo spunto da quanto avvenuto in altri Paesi europei, sulle Zone Economiche Speciali (ZES), che come spiega il rapporto SVIMEZ, sono “aree caratterizzate dalla presenza di un porto … e nelle quali vigono specifici regimi di trattamento doganale, di esenzioni fiscali, di facilitazioni amministrative e di servizi alle imprese, con il principale obiettivo di attrarre investitori stranieri”. E andrebbe percorsa in queste ZES la via della fiscalità di compensazione nell’ambito dell’UE. Nel Mezzogiorno, ZES potrebbero essere costituite nelle aree dei porti transhipment di Gioia Tauro, Taranto e Catania. Senza dimenticare che le grandi reti che trasportano gas e sono essenziali per la produzione dell’energia hanno diversi punti di accesso al nostro Mezzogiorno e da qui si irradiano al resto del continente: dalla riva Sud del Mediterraneo partono quattro gasdotti verso l’Europa, due dei quali verso il Mezzogiorno d’Italia: il Transmed che dall’Algeria attraverso la Tunisia arriva a Mazara del Vallo, il Greenstream, che dalla Libia arriva a Gela; ed altri sono in progettazione: il Galsi dall’Algeria alla Sardegna e poi a Piombino; il TAP – Gasdotto Trans Adriatico, che attraverserà la Grecia, l’Albania per connettersi alla rete Italiana in Salento; l’Interconnettore Grecia-Italia (Porto di Otranto). 
Per finanziare questi interventi occorre utilizzare al meglio i Fondi strutturali 2014-2020. Anche qui è necessaria la mutua collaborazione. Esistono infatti amministrazioni e regioni capaci più di altre di trasferire conoscenze sulle modalità di accesso a tali Fondi. Il trasferimento di queste best practice costituirebbe un valore aggiunto, cui si potrebbe accedere o con il distacco di esperti delle migliori amministrazioni presso quelle più deficitarie o attraverso l’invio di dipendenti di queste ultime presso le prime per apprendere i comportamenti virtuosi. La Conferenza Stato regioni potrebbe dare un impulso al processo. 
Altra risorsa fondamentale del nostro Mezzogiorno sono la cultura e il paesaggio. A sorprendere il visitatore non è solo la bellezza panoramica o il singolo monumento storico-archeologico, ma il carattere evocativo di tali bellezze. Che si tratti dei bronzi di Riace o della Valle dei templi di Agrigento, del Teatro greco di Siracusa, di Paestum, di Pompei o di Ercolano, della campagna salentina, del Cretto di Burri o dei Sassi di Matera,

ciò che colpisce il viaggiatore è il mito, la leggenda che sta dietro ogni luogo, simbolo, roccia, pietra, arbusto o faraglione. Qui più che in ogni altra parte del nostro Paese la natura e le cose sono vive e raccontano storie e tradizioni.

La valorizzazione del patrimonio artistico, storico, archeologico – che è il vero petrolio del Mezzogiorno – richiede una serie di competenze che fortunatamente già ci sono, ma anche una più efficace comunicazione e la definizione di percorsi di qualità che esprimano questi valori. Occorre sfruttare al meglio i moderni strumenti di accesso alle informazioni e la “messa in rete” delle conoscenze e delle esperienze, perché si crei la necessaria sinergia di sviluppo e la più agevole facilità di accesso: un portale per il Sud, attorno al quale sollecitare la creazione, da parte di universitari e studenti anche più giovani, di applicazioni per agevolare l’utente. Soprintendenze, Università e operatori possono cooperare a tale fine.
Da ultima, ma non ultima, la formazione. Le Università debbono trovare forme migliori d’integrazione e di coordinamento dei corsi, per evitare dannose duplicazioni. Occorre poi puntare sui centri d’eccellenza, individuarli e favorirli. Si possono istituire percorsi formativi successivi allo studio universitario per il sostegno alla creazione di spin off nei settori economici più promettenti, individuati nelle linee di sviluppo, percorsi nei quali coinvolgere docenti, laureati e operatori economici.

Base di tutto è la legalità. Questo deve essere l’impegno dello Stato per dare sicurezza a cittadini e operatori. Occorre favorire proprio al Sud la creazione di centri di eccellenza

per la formazione di giovani da avviare alle carriere delle magistrature e delle forze armate e di polizia. 
Naturalmente si tratta solo di spunti. Altri e migliori se ne possono trovare, con una convinzione: che il Sud, pur con le criticità da ultimo riemerse, è una grande occasione di crescita, un laboratorio in cui si possono sperimentare percorsi utili per tutto il Paese. Le energie e la volontà ci sono e si può fare appello a quanti disinteressatamente nel Mezzogiorno credono e sono pronti ad aderire ad una “leva” di intelligenze che possano contribuire al disegno di rilancio. Sarebbe un ulteriore dono del Sud.

 

THE “MEZZOGIORNO” IN THE FIRE OF ATTENTION di Carlo Malinconico – Numero 2 – Ottobre 2015

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In the last months the “Southern issue” has been lit up again. Firstly, the data gathered by Svimez in the 7-year research from 2007 to 2014, according to which Italy’s Mezzogiorno has had a smaller financial growth than Greece, then Saviano’s article on the state of abandonment of the South, finally Italy’s weekly magazine “L’Espresso” that claims “The South has disappeared” “Demographic collapse. Brain drain. Static economy. Missing entrepreneurs”. The reason for these condemnations comes from the attempt of bringing Southern Italy’s critic situation back in the objectives of the Government’s actions, that – as said- will be dealing with them next October. The Minister of Economic Development has pre-announced the summoning of the Southern States-Generals.

THE “MEZZOGIORNO”
IN THE FIRE OF ATTENTION

 

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The need, felt by everyone, of placing once again the Mezzogiorno in the fire of National attention must be seen not as an unsolvable problem, but as a great occasion not only for the South but for the whole of the Country. For the energy and resources that can come of it, and for the margin of recovery and development that precise actions can bring, Southern Italy is an opportunity that will be able to favour financial and non-financial debts of the Country. Of course, as the SVIMEZ study reminds us, the task is not easy, but the results can be important. In the surely not brilliant general image of our Country, the numbers concerning the Mezzogiorno show it moving back more than the national average: from investments to employment, from capitalisation and size of companies to production capacities. It is important to consider that the pull of exportations that has been a big part of the however modest improvement of the economic Central-Northern conjunction, for structural reasons is not working for the South. The fear here is that these events will lead to a spiral that will bring to the so called desertification of the South, with sceneries going from economic depression to the drainage of youngsters who look for education and training before employment. This would be an enormous damage for the whole National Community. Italy’s South is traditionally complementary to the Northern economy, and the absence of internal demands that distresses the Northern economy would obviously benefit from a larger internal request, that has dropped especially in the South and that, when speaking about companies, would give an important push to the entire National economy. This is why Southern Italy must not be seen as a problem but as opportunity and efforts must be condensed in order to let the South, and with it the whole of Italy, outburst.

 

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For this, an Industrial Policy that can give precise and trustworthy reference points is necessary. We must proceed with realism but also with strong determination. The task of this industrial policy has to be to show institutions and companies the priorities and the objectives to reach, in order to have joint and effective efforts. The resources, both public and private, are limited and therefore should be even more condensed on objectives that are considered essential. Obviously the aim is to start from the analysis already carried out by the Banca d’Italia, by SVIMEZ and other Establishments, to come up with prompts for the Government’s actions. Without forgetting that Institutions can do a lot by simply outlining priorities, describing accelerated processes, condensing competences to obtain the mentioned objectives. A lot can be done to sustain the action of private operators, even without drawing from public resources and without extraordinary measures.
The idea of summoning the States-Generals of the Mezzogiorno, pre-announced by the Italian Minister of the Economic Development, seems to be encouragement-worthy. Not only does this assembly belong to the tradition of Italy, but also the spirit and objective behind it can be agreed upon. National and local institutions, Universities, companies and syndicates must be able to express their own points of view in a sort of public and transparent consultation or, if preferred, in a service conference opened to an audience, a “début public” with prefixed timing. Then, each member will decide upon its resolutions concerning their margin of competence. Not a form of necessary paralyzing consultation with veto rights, but a communal discussion useful to bring together institutions, especially the local ones or the ones with delimited local competence, in order to ensure the coordination of guidelines and of actions on the territories.

 

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Starting from now suggestions to be evaluated by this consultation can be brought up. Among the economic initiatives the ones to be endorsed should be concerning global value chains, especially food and service related ones, being the fields in which Southern Italy has shown the most positivity, and the infrastructures, especially concerning Public Transport services and networking. The South does not need great endeavors, or at least this is not a priority, but what it needs is a strong maintenance of its territory, of the existing infrastructures and of its environment, with actions that would bring the positive effects of an immediate come-back, in economic terms of effects of expenses and immediate usability in favor of economic and tourist activities. One could aim at, for these reasons and taking example from other European Countries, the Special Economic Zones (SEZ) that, as explained by the SVIMEZ report, are areas “characterized by a port… and in which specific regimes of custom treatment, tax exemptions, administration aids and business services are effective, with the main objective of luring foreign investors”. And in these SEZs the guidelines of the EU’s fiscal compensation should be followed. In the Mezzogiorno the SEZs could be established in the transshipment port areas of Gioia Tauro, Taranto and Catania. Keeping in mind that the great lines that transport gas and are essential for the production of energy have different access points in Italy’s Mezzogiorno, and from here they radiate to the rest of the Continent: four pipelines start from the southern bank of the Mediterranean Sea and travel towards Europe, two of them reaching the Mezzogiorno. The Transmed that starts from Algeria, crosses Tunisia and reaches Mazara del Vallo, the Greenstream, that from Libia reaches Gela, and more are being designed: the Galsi from Algeria to Sardinia and then Piombino, the TAP (Trans-Adriatic Pipeline) that will cross Greece, Albania and connect to Italy’s lines in Salento, the Interconnector that will link Italy and Greece (at the port of Otranto).

 

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To finance these investments the EU Structural Funds 2014-2020 must be used at their best- and here too we must have a joint cooperation. In fact there are administrations and Regions that have a greater knowledge on how to obtain said funding. The transferring of these best practices would be an added value, that one could reach either by sending experts from a dexterous region to a less able one, or by sending employees from less expert areas to the best ones for training. The State-Regions conference might give an impulse to this process.
Other indispensable resources of the Mezzogiorno are its culture and landscape. Not only the striking panoramic beauty or the single historical monument mesmerize the visitor, but the actual evocative nature of such beauties. Whether we talk about the Riace bronzes or the Valley of the Temples in Agrigento, the Greek Theatre in Siracusa, Paestum, Pompei or Herculaneum, of the countryside in Salento, Burri’s Cretto or the stones of Matera, what strikes the traveller is the myth, the legend behind each place, symbol, rock, stone, shrub, stack. Here, more than any other place in Italy, nature and things are alive and tell stories and traditions. The enhancement of the artistic, historical and archaeological heritage – that is Mezzogiorno’s real petroleum- needs a series of abilities that luckily are already present, but also a more effective communication system and the definition of quality routes that will express these values. The modern tools to access information and the possibility of sharing knowledge and experiences online must be used at their best, in order to create the necessary development synergy and the easiest access possible: a Southern Portal, around which one can urge the creation, by University students and younger ones, of apps to furtherer help users. Superintendents, Universities and operators can cooperate for this goal.

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Last, but not least, formation. Universities must find better forms of integration and coordination of courses in order to avoid duplications. It is also necessary to point out excelling centers and favor them. Post-University vocational training courses to support the creation of spin-offs in the most promising fields of economy could be established. Courses in which professors, graduates and economic operators would all be involved. 
At the base of all of this is legality. This must be the State’s task to ensure safety to citizens and operators. It is fundamental to create, especially in the South, excellent centers for the formation of young people who can set off towards judiciary careers, the Armed Forces or the Police. 
Of course these are just suggestions. Others, and better ones, can be found with one belief: that Southern Italy, even with all the recently re-emerged criticality’s, is a great growth opportunity, a laboratory in which one can experiment useful paths for the whole Country. Both energy and will are available, and it is possible to appeal to those in the Mezzogiorno who selflessly believe in and are ready to adhere to a “lever” of intelligence that could help in the relaunch design. It would be yet another gift from the South.

 

LA SALUTE ECCELLENTE “MADE IN SUD” di Maurizio Campagna – Numero 2 – Ottobre 2015

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All’epoca della “sanità commerciale” l’eccellenza diventa spesso uno slogan pubblicitario e non una qualità oggettiva delle strutture sanitarie, misurata e monitorata. Le autodichiarazioni di eccellenza si sprecano tra professionisti e strutture tanto che si è perso il senso di un’espressione che dovrebbe, invece, indicare precisi standard qualitativi nell’erogazione delle prestazioni sanitarie ed essere attribuita, con parsimonia, soltanto dopo una valutazione scientifica degli output specifici delle strutture. Ma il processo di crescita del controllo democratico garantito dalla rete ha investito anche il settore sanitario. Si sono moltiplicati i “trip-advisor” della sanità e ciò ha garantito una maggiore possibilità di accesso ai dati da parte degli utenti alla ricerca delle strutture sanitarie migliori. L’avvertenza è sempre la stessa: tra le possibilità di conoscenza offerte dalla rete occorre fare una attenta selezione sulla base dell’attendibilità delle fonti. Così anche tra i siti che si occupano della qualità delle strutture sanitarie è bene distinguere i 

LA SALUTE ECCELLENTE “MADE IN SUD”

 

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L’eccellenza dell’Istituto Nazionale per lo studio e la cura dei tumori “Fondazione G. Pascale” di Napoli resiste ad ogni tipo di prova in rete. Non è virtuale, non è frutto di rumors tra internauti, è un’eccellenza reale e scientificamente misurata. A certificarlo sono i più importanti e accreditati siti di settore. La struttura sanitaria rappresenta un (vero!) polo di eccellenza per la cura dei tumori e un punto di riferimento principalmente, ma non esclusivamente, per tutto il Sud d’Italia. L’Istituto Pascale è un IRCCS (Istituto di Ricerca e Cura a Carattere Scientifico) di diritto pubblico trasformato in Fondazione. Il carattere scientifico, riconosciuto alla struttura sulla base degli specifici requisiti stabiliti dal d.lgs. del 2003 che ha provveduto al riordino degli IRCCS pubblici, consente alla stessa di accedere a un finanziamento statale appositamente finalizzato alla ricerca che si aggiunge a quello già erogato dalla Regione di appartenenza. 
La natura di Fondazione è il frutto di una scelta specifica della Regione che, su propria istanza, può trasformare gli IRCCS pubblici in Fondazioni di rilievo nazionale, aperte alla partecipazione di soggetti pubblici e privati e sottoposte alla vigilanza del Ministero della salute e del Ministero dell’economia e delle finanze.
L’Accademia dei Lincei, nell’anno 2014, ha assegnato al Pascale il prestigiosissimo Premio “Cataldo Agostinelli e Angiola Gili Agostinelli”. Si legge nella motivazione che l’Istituto è“ […] un’eccellenza nel campo della prevenzione, diagnosi e cura delle patologie tumorali, sia attraverso la ricerca clinica sia attraverso l’innovazione tecnologica e gestionale”. Il premio consegnato al prof. Tonino Pedicini, all’epoca Direttore generale, direttamente dall’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano rappresenta un riconoscimento importantissimo per tutto il Sud d’Italia perché la buona sanità non è soltanto “questione di camici bianchi”, ma anche di buona gestione amministrativa. L’Accademia dei Lincei ha voluto proprio premiare un insieme di competenze, non solo medico-scientifiche, ma anche gestionali.

Non a caso, il Pascale è stato insignito anche di un altro prestigioso riconoscimento nel 2013: l’Oscar di Bilancio della Pubblica Amministrazione – categoria Aziende Ospedaliere e degli IRCCS Pubblici, promosso da Ferpi (Federazione relazioni pubbliche italiana). Si tratta di un premio nazionale, unico nel suo genere, che ha l’obiettivo di segnalare e sostenere le best practices di rendicontazione adottate dagli Enti locali e dalle Aziende Sanitarie Pubbliche che danno prova non solo di buona amministrazione, ma anche di trasparenza e di efficacia nella comunicazione a cittadini e stakeholder.

L’Istituto partenopeo, dunque, come esempio di buona amministrazione pubblica del sud e per il sud che contribuisce considerevolmente ad abbattere luoghi comuni sulla gestione della res publica nel Meridione.

Ma allo stesso tempo il Pascale è la prova che ognuno deve fare la sua parte, che tutte le professionalità sono fondamentali nell’erogazione di servizi di qualità per i cittadini.
Il binomio cura e ricerca raggiunge risultati eccellenti nel centro partenopeo, risultati misurati con indicatori bibliometrici, in molti settori dell’oncologia, rappresentando non quella “speranza trappola”, ma una speranza opportunità per tutti i malati. 
La presenza di un istituto sanitario di eccellenza fa bene anche alla salute dell’economia del territorio. Senza assecondare una retorica buonista, la sanità è anche (casomai non solo!) un settore economico assai rilevante. La produzione del valore salute non può essere sottratta alle regole della produzione industriale dei servizi, anche sanitari, soprattutto se si tratta di prestazioni ospedaliere. Ecco l’importanza di aver adottato buone pratiche anche sul versante amministrativo. Le ricadute economiche sul territorio della filiera sanitaria sono consistenti non soltanto in uscita, quando cioè i pazienti locali sono costretti alle migrazioni sanitarie, ma anche in entrata, quando i servizi sono erogati in favore di utenti provenienti da altri territori.

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forum autogestiti dai pazienti che riportano le loro esperienze, del tutto soggettive, dai portali che traggono i loro contenuti da fonti ufficiali o che rielaborano dati raccolti con metodo scientifico.

La tutela della salute si colloca sul punto di intersezione tra tante discipline e le cure di qualità sono il frutto di un’armoniosa integrazione tra saperi.

Un polo di eccellenza, infatti, è anche un polo di attrazione che non solo impedisce la dispersione di risorse trattenendole sul territorio, ma addirittura ne fa arrivare di nuove.

Curarsi significa, infatti, spendere anche per i servizi ancillari come l’assistenza non sanitaria, i trasporti, il vitto e l’alloggio dei familiari al seguito. Si tratta di spesa che non è immediatamente riconducibile ai costi diretti della prestazione sanitaria, ma che indirettamente ne determina l’ammontare finale. In quest’ottica, la capacità attrattiva diventa capacità produttiva di ricchezza. 
La stessa considerazione deve ora essere estesa su una dimensione europea in ragione del recepimento nei paesi membri dell’UE della Direttiva 24/2011 sull’assistenza sanitaria transfrontaliera. In estrema sintesi, il sistema dell’assistenza sanitaria transfrontaliera disegnato dalla Direttiva dovrebbe garantire al paziente assicurato in uno degli Stati membri dell’UE la scelta di ricevere cure, programmate o non programmate, in uno Stato diverso da quello di appartenenza. Ciò potrebbe attivare una virtuosa dinamica concorrenziale tra strutture su scala europea. 
Un recente studio condotto dal Battelle Memorial Institute, istituto statunitense per la ricerca e lo sviluppo, con riferimento ad un’altra struttura di eccellenza sanitaria del sud d’Italia, dimostra come vi sia un nesso tra la produzione di servizi sanitari di elevata qualità e la crescita del PIL. Non solo: non sono trascurabili neppure i risultati in termini di risparmio di spesa. È noto, infatti, che il costo delle migrazioni sanitarie è sostenuto dai sistemi sanitari regionali di partenza. 
I risultati dello studio, sebbene riferiti ad una struttura della Sicilia e al Pil di questa Regione, possono essere trasferiti in altri contesti. Il messaggio forte e chiaro è che l’investimento in ricerca e tecnologia può essere volano di occupazione e motore per lo sviluppo. 
Senza contare l’investimento di tipo sociale.

La condizione di fragilità data dalla malattia è aggravata dal costo umano della migrazione sanitaria. È un dato di esperienza comune che nessuno vorrebbe curarsi lontano da casa.

La sanità infatti è un servizio naturalmente a vocazione territoriale e l’ospedale come industria non può essere delocalizzato! 
Il Pascale fornisce così un’importante opportunità di cure ai cittadini del sud per un gruppo di patologie tra le più gravi e invalidanti e che, peraltro, assorbono più risorse in ragione della “residenzialità” delle patologie oncologiche. 
L’auspicio per il futuro è che la grave sofferenza patita dal Sistema sanitario nazionale sia il motore di una razionalizzazione delle risorse e non di un mero e acritico razionamento, l’occasione per ammodernare l’amministrazione sanitaria o addirittura riformarla. Che le eccellenze come il Pascale possano continuare il loro lavoro sul territorio e per il territorio. L’eccellenza è tale, infatti, solo se accessibile. Se cioè è in grado di rispondere efficacemente alla domanda di servizi sanitari che si forma prima di tutto nella comunità di riferimento della struttura e poi altrove, se si è capaci di sviluppare mobilità sanitaria attiva.
L’esempio dell’Istituto partenopeo è un’esperienza in controtendenza nel panorama di un’amministrazione pubblica screditata agli occhi dei cittadini e un suggerimento per il futuro: investire nell’economia della conoscenza.

 

I VITIGNI DI VICO DEL GARGANO di Nello Biscotti – Numero 2 – Ottobre 2015

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Chi scrive è un botanico, e operando nel Gargano mi sono ovviamente imbattuto anche sui vitigni. Il territorio si rivelava in tal senso uno straordinario campo di ricerche, poiché si conservavano fino a qualche decennio addietro vecchie vigne, “veri fossili biologici”, fatte con quei vitigni “storici”, testimoni dell’antica tradizione viticola del Promontorio. Tra queste “vecchie vigne” vi era anche quella ereditata da mio padre, ridotta ormai a qualche decina di are, e con ceppi ormai di 50/70/100 anni. Cominciai a conoscerli, studiarli, per capire le loro storie, anche umane a cui erano legati.

 

I VITIGNI DI VICO DEL GARGANO

 

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in realtà si trattava della “vite selvatica”, l’unico taxon aborigeno della famiglia Vitaceae di una estesa regione floristica che va dal Mediterraneo al Mar Caspio

Fatto emozionante è stato ritrovare qualche anno addietro un vecchio ceppo di Uva della Macchia, probabilmente di 200 anni, nello stesso luogo indicato dal nonno.

Ho bussato infinite porte istituzionali (Comune, Parco, Provincia, Università) ma nessun interesse per lunghi anni a partire dal 1998. Disponendo di una piccola cantina che era di mio padre, mi sono cimentato personalmente in questa scommessa. Il risultato? Un vino in bottiglia, appena 500/700 bottiglie. Il vino, rosso, elevato in acciaio, denominato MACCHIATELLO di Mastrocianni, è un esperimento di vinificare, con un approccio scientifico, un uvaggio caratteristico, antico, del territorio: circa il 60% fatto da 4 vitigni storici (l’Uva della Macchia, Nardobello, Uva nera tosta, Malvagia nera); il rimanente 40% da 22 vitigni diversi, tutti con la caratteristica di essere particolarmente aromatici. Una testimonianza di un numero, che non sapremo mai, di vitigni storicamente coltivati sul Promontorio del Gargano, un crocevia di flore, uomini con i loro semi, le loro piante.

la collezione è oggi partner del progetto “biodiversità” (Regione Puglia) che mira a conoscere, salvaguardare e recuperare quanto rimane (con notevole ritardo) della storica diversità di specie e cultivar agrarie. L’unica collezione di vitigni storici del Gargano.

A Vico del Gargano era consuetudine fare vigne a prevalenza di ceppi antichi di Malvasie nere, e soprattutto, con il vitigno localmente individuato come Uva della Macchia, capace di vegetare ottimamente anche sulla spiaggia. Mio padre, mio nonno raccontavano che era stato trovato spontaneo (prima metà dell’800), in una contrada denominata “Macchia” (Torrente Macchia, tra Peschici e Vieste), di qui il nome del vino.

Indagini dello scrivente (Ente Parco del Gargano, 1998), hanno portato all’individuazione di ben 66 biotipi tra cultivar, accessioni, ecotipi (Biscotti, Biondi, 2008; Biscotti et al., 2010); di recente indagini volte alla tipicizzazione su base morfologica e genotipica del germoplasma, di 10 dei 25 vitigni esaminati, sono stati già riconosciuti come genotipi (Progetto Ager, Biscotti, et al., 2013; V Convegno Nazionale di Viticoltura tenutosi a Foggia, maggio 2014)

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Un caso di spontaneizzazione dunque che poteva dimostrare l’ultra secolare presenza della vite sul Gargano. In un documento, un poemetto (Elegia), De Vico Garganico (1607, 432 versi, distici elegiaci), di recente portato alla luce, l’autore, Carlo Pinto, salernitano, vescovo di Cuma, ci descrive uno scenario agricolo di Vico del Gargano di grande interesse per la storia della vite sul Gargano. Scrive in proposito: “Qui ove volgi lo sguardo trovi viti: in questi territori va errando Bacco”; e il vino, già conosciuto come Vicanum è “tantae bonitatis, ut laudatissime Vicanum nominetur”. La produzione stessa doveva essere rilevante se aggiunge che “di questo nettare puoi caricar mille navi che solcano il mare”. I casi di spontaneizzazione da noi rinvenuti sono numerosi: vecchi ceppi a margini di coltivi, qualcuno in boschi, che un tempo erano vigne, di cui non sappiamo assolutamente niente se non grappoli bianchi, neri, rossi, tutti da studiare. Spontaneizzazioni da una parte, ma d’altra anche casi di inselvatichimento di forme coltivate; è stata questa la prima interpretazione di diversi ceppi rinvenuti lungo solchi vallivi, margini di torrenti; ci sbagliavamo,

(articolo in corso di stampa su Informatore Botanico Italiano, SBI); da questa vite (Vitis vinifera subsp. silvestris) siamo partiti per creare quella infinità di vitigni o di uve coltivate che esistono oggi in tutto il mondo. Le conoscenze in Italia sulla sua eco-geografia e la struttura genetica sono ancora non del tutto definite; si ha intanto un primo quadro sulla sua attuale distribuzione: un totale di 161 siti e con appena 814 individui, generalmente concentrati nella parte centro-meridionale della penisola; nel Gargano ne abbiamo rivenuto fino ad oggi almeno 35 individui. Questa un’altra storia da ricostruire e scrivere poiché alcuni ceppi, secolari, autentici monumenti botanici della specie, sono stati rinvenuti all’interno di una secolare faggeta (faggio e vite possono dire molto in termini di paleoclimi, o di paesaggi vegetali antichi). Tutte queste storie ruotano intorno alla mia piccola vigna, ciò che restava di un grande vigneto di oltre 1,5 ettari ancora produttivo negli anni 70 del 900, costituita per il 50% di Uva della Macchia, e per il restante in primo luogo di ceppi antichi di Malvasie bianche e nere, e poi Sommariello nero, rosso, Bell’Italia, Pudicin tener, Uva nera tosta, Nardobello, Chiapparone, Moscatiddone bianco, Moscatiddone nero, Dundurino, Moscato Saraceno e tanti altri ancora di cui si è perso ogni traccia di memoria storica. L’unica strada da percorrere per “salvare” qualcosa era quella di moltiplicare in ogni modo, questi vitigni. Con il fratello nel 1999 realizziamo una piccola collezione di questi vitigni e fare un vino, il Macchiatello, era l’unica strada per salvare questi testimoni di storie umane, di valori storici, scientifici: “Si raccolgono le cose per il vivere dei mortali, e fra l’altre buoni vini vermigli” (Leandro Alberti, 1561). “I vini poi vi sono dovunque non meno per copia che per bontà mirabili, rossi per lo più e di media forza, ma sinceri nella sostanza sicché, senz’alcun condimento, durano fino al terzo anno e anche molto di più” (Andrea Bacci, De Naturali vinorum historia). Prospero Rendella in Tractatus de vinea, vindemmia et vino, (1603) parla dei vini di Rodi, Vico e Vieste, e Monte. La vigna è una realtà diffusa per tutto il ‘700.

Nel 1768 si documenta che “nel Monte Gargano si hanno vini preziosi delle terre di Rodi Peschici, San Giovanni, Monte, Vico e Cagnano” (Giuliani 1768).

La vigna si pianta ovunque per tutto l’800. “Nel contado di tutti comuni del Gargano si pianta la vigna e sollecitamente dà il suo frutto pieno di liguore pregevolissimo…. ma i vini migliori per robustezza, durata, trasporto e abbondanza insieme son quei che si hanno da Viesti, Vico, Ischitella, Sannicandro e San Giovanni R.” (Della Martora 1823); “Abbondano le Comuni di Viesti, Vico, Ischitella, San Giovanni Rotondo, San Nicandro confermerà qualche anno dopo Giuseppe Libetta – di ottimi vini”. 
Raccontando (febbraio 2004) questa mia storiella in una e-mail al grande Luigi Veronelli, qualche anno prima di morire, mi rispose dopo appena un quarto d’ora e mi volle incontrare per assaggiare il mio Macchiatello. La soddisfazione fu tanta che il Macchiatello si meritò di essere inserito come “attenzione” immediatamente nella rinomata Guida (I vini di Veronelli) con un apprezzamento scritto dallo stesso Veronelli: “Ho assaggiato il Macchiatello a base di Uva della Macchia; segna albo lapillo i vino mantici. Se riesci a trovarlo bevilo” (Vini Veronelli, 2005). Le particolarità? Tanti aromi e profumi, aspetti così rari sui quali è disperatamente impegnata la ricerca enologica.

Il vino intanto migliorava in ogni annata; impariamo a farlo, con l’ausilio di qualche ricercatore (Francesco Soleti) e soprattutto con ripetute analisi di uve e vino.

Poi mi cominciano a cercare: assaggiatori, enologi, “esperti”. Com’è il Macchiatello? Molti di dicono “particolare”, qualche altro aggiunge: “ci fa ricordare certe viti selvatiche franche di piede”; tutti concludono: “Un prodotto sicuramente originale”. A maggio del 2011 mi fece visita Pierce Carson, giornalista, cercatore di tipicità italiane, il quale mi dedicò un articolo su Napa valley, nota rivista on line americana e, dopo aver assaggiato qualche bottiglia, scrisse: “Aaaah, but the 2008, what a wine. It had lovely floral notes, perhaps violets, even spring wildflowers. There was oodles of fruit … I tasted mulberries and cherries with succeeding sips. A rich wine. They were pleased with my delight. But before we stole away into the darkened lanes of Vico, the Biscottis had one final surprise”. L’estate dello stesso anno la mia piccola cantina fu invasa da diversi statunitensi, pronti a comprare tutta la mia piccola produzione, che rimane per scelta e per necessità piccola. Hanno frequentato la cantina anche molti francesi e tutti sorpresi di questo “vino italiano”. Le analisi bio-chimiche, ripetute per diversi anni, caratterizzano un vino (tecnologie artigianali) con una sorprendente quantità di polifenoli totali (2500 mg/l). Nel settembre 2014 ci raggiunge Bruno Gambacorta che ci dedica un servizio mandato in onda nella sua rubrica Eat Parade del gusto; tante telefonate, tante richieste di acquisti, ma il Macchiatelo non può essere qualcosa di più di una testimonianza. Intanto un altro passo avanti:

Una storia comune come tante? chissà quanti altri vitigni locali meritano queste attenzioni! Parliamo di risorse attraverso le quali si possono ricostruire piccole economie locali come quella di diversi comuni del Gargano: in un modello di economia integrata (agricoltura, turismo, ecc.), anche la viticoltura, ovviamente di qualità (storia, cultura, sapori non omologati) può occupare un posto rilevante. Del resto vite e vino possono raccontare meglio di ogni altra cosa storia, archeologia, botanica; la storia della vite e del vino è trasversale alla stessa storia umana e il Gargano, i suoi vitigni, possono dire qualcosa anche in questo senso.

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CONSTRUIRE UN MEZZOGIORNO MEILLEUR di Carlo Borgomeo – Numero 2 – Ottobre 2015

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La question du développement du Mezzogiorno est une ancienne question, mais qui reste toujours ouverte, même si au cours des dernières années elle a semblée être particulièrement négligeable, presque marginale dans le débat politique et institutionnel.
Depuis toujours, nous avons été habitués à considérer le problème en termes d’écart économique entre le Sud et du Nord, donc, en substance, en termes de PIB. Mais étant donné les résultats de cette approche, il serait d’autant plus souhaitable de s’interroger sur la nature réelle de l’écart. Il faut se demander s’il s’agit principalement d’une question économique, de revenu, ou plutôt de degré de cohésion sociale, de sens de la communauté, de la diffusion de la culture de la légalité et, plus spécifiquement, de la qualité de la vie en société.

 

CONSTRUIRE UN MEZZOGIORNO MEILLEUR

 

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Depuis la fin de la Seconde Guerre mondiale le développement envisagé pour le Sud a été, en fait, « dirigé de l’extérieur”, peu pertinent pour les réalités locales, manquant d’attention aux sujets émergents et d’une inattention inquiétante à la qualité. Au contraire, le développement est un processus lent qui devrait être construit avec la participation des nombreuses personnes qui ne peuvent pas être considérés comme des «bénéficiaires» mais des protagonistes.

C’est un facteur déterminant et non un appendice du développement. Habituellement, personne n’est ouvertement hostile ou opposé aux politiques sociales, mais dans les faits, nous voyons qu’elles ne sont mises en œuvre que lorsque l’économie est florissante ou en phase de croissance. Au contraire, maintenant nous assistons à des désinvestissements et à des coupes. Mais s’il n’y a pas une communauté cohérente, il n’y a pas d’amour pour les règles et il ne peut pas y avoir de développement.
Le phénomène important de décrochage scolaire, la faible capacité d’attirer et retenir les « cerveaux » au Sud, l’abandon et la négligence des biens publics, l’incapacité à valoriser notre patrimoine, ne sont que quelques exemples d’une culture politique myope qui, en plus de causer des dégâts directs à l’économie (il suffit de penser aux coûts pour gérer les « urgences » ou limiter les dégâts), prive le Sud et le pays d’un potentiel de développement énorme. Un exemple significatif en est la gestion de la garde d’enfants, qui, étant donné l’importance de l’écart entre le Nord et le Sud et le reste de l’Europe devrait être la priorité d’une politique un tant soit peu attentive à «l’avenir» de l’Italie. En Calabre, la couverture des services de crèches est d’un peu plus de 2%, tandis que dans l’Émilie-Romagne, le pourcentage d’enfants pris en charge par ce type de services est de 27,3%. Un énorme gaspillage de potentiel humain qui vaut également pour beaucoup d’autres régions du Sud comparées au Centre-Nord. Il faut ajouter aussi que le Conseil Européen de Lisbonne avait fixé pour 2010 un objectif de couverture en crèches de 33% dans chaque État membre. Un écart de citoyenneté, pourrait-on dire, qui commence à un âge précoce et qui continue en croissant et s’ajoute à d’autres problèmes, jusqu’au baccalauréat et au-delà. Quel sens a-t-il alors de développer de riches systèmes incitatifs pour attirer les investisseurs dans des régions desquelles, très souvent nous voudrions que nos enfants s’en aillent?

s’occuper sérieusement des questions sociales est une forme d’investissement pour le développement d’une région.

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Je ne le crois pas. Je pense que désormais aucune perspective crédible de développement n’est possible si nous ne partons pas de la conviction que la véritable priorité, dans le Sud, est la cohésion sociale. La question de la Sud est devenue, si elle ne l’a pas toujours été, un problème social: de nouvelle pauvreté, de besoins différents, de fragmentation du tissu civil.
Est-il logique, alors, d’imaginer des politiques pour attirer les investissements dans des régions à la culture administrative très faible et avec une communauté fortement désagrégée? Est-il logique de « faire circuler d’argent » dans des systèmes incitatifs et des subventions, sans sélection et sans (véritable) vérification des résultats, avec des systèmes administratifs et institutionnels incapables de dépenser et, surtout, rarement en mesure de le faire bien? Est-il juste, dans une perspective de développement, de mettre en œuvre diverses mesures pour soutenir les revenus, non pas dans une logique de soutien transparente, mais de mille manières, souvent ambiguës et clientélistes, qui aboutissent souvent à générer de nouvelles distorsions dans le marché du travail? Est-il logique d’ignorer qu’une part substantielle du PIB du Mezzogiorno se trouve dans l’économie souterraine (qui ne coïncide pas nécessairement avec la criminalité) et de n’essayer aucune politique autre que des mesures répressives cycliques et partiellement efficaces?
Encore une fois, je ne le crois pas. Nous devons partir, tout d’abord, de la conviction que

Il faut engager une bataille culturelle et politique pour le Sud qui, tout d’abord, vise à aller au-delà de l’écart de PIB entre le Nord et le Sud et qui modifie la hiérarchie des interventions, des priorités, avec la conviction que la cohésion sociale, l’affirmation d’une logique communautaire adaptée ne sont pas des conséquences, mais des conditions préalables indispensables au développement.
Il faut refaire de la Politique (avec un grand P), récompenser l’exercice de la responsabilité, plutôt que les déclarations de loyauté, en développant une culture permanente de réseau, de confrontation, de débat, et d’écoute. En somme, nous devrions investir à nouveau dans les classes dirigeantes. Dans ce défi, le secteur tertiaire devrait jouer un rôle important, parce que – au-delà des cas sensationnels qui font l’actualité – il est capable d’exprimer un possible renouveau, porteur d’expériences et de bonnes pratiques qui, en fait, sont des éléments constitutifs de la vraie politique dans les territoires. Et je ne me réfère pas seulement aux aspects de solidarité et d’intégration, même s’ils sont importants, mais aussi aux dynamiques de réseau qui augmentent les possibilités de l’économie civile et le développement d’un bien-être commun.
Si nous imaginons un modèle qui ne cherche pas à tout prix un niveau de richesse improbable mais le développement ordonné et durable de nos territoires, alors nous pourrons construire un Mezzogiorno meilleur.

Il est clair que les importantes différences de richesses disponibles constituent une source formidable de différences dans les conditions de vie et il est fondamental de rappeler que le pays, malgré tout, a une obligation de solidarité avec le Mezzogiorno. Mais nous devons évaluer la validité de cette approche : est-ce la bonne, est-elle viable, est-elle culturellement gagnante et politiquement productive?