Il viaggiatore che vi si approssima è abbagliato dallo sfavillio delle acque: lo splendore dello Ionio avvolge di blu le coste del Golfo, in una sorta di amplesso ancestrale. Il mare e la terra. Poseidone e Gea. Dopo tutto, Taranto stessa è una creatura del mito1. Taranto e la sua bellezza. Chi creda che questa sia solo una landa di veleni e di insuccessi ha una visione parziale della realtà2: il centro cittadino è elegante, i suoi palazzi luminosi e raffinati. Piccoli ponti creano un’atmosfera vagamente romantica. Ci sono colori ovunque.
Myrrha torna a Taranto. Myrrha torna al MArTa.
Per due anni consecutivi, il Museo Archeologico Nazionale della città dei due mari
ha registrato un sensibile incremento degli accessi:
se nel 2016 si è osservato un aumento dei visitatori nella misura del 50% rispetto al 2015, i primi sei mesi del 2017 hanno fatto registrare un 30% di ingressi in più sull’analogo periodo del 20163. E non è finita: quello di Taranto è sul podio dei musei più smart, tra i più amati dai visitatori, riuscendo a comunicare al meglio con i suoi utenti4 e a ritagliarsi ampi spazi di presenza digitale. Istituito nel 1887, diventa nel 2015 il primo e unico museo ad autonomia speciale di Puglia, grazie alla riforma del Ministero dei beni culturali. La seconda vita del MArTa è affidata alla Professoressa Eva Degl’Innocenti. Toscana di nascita, la Direttrice è un’archeologa: numerose le campagne di scavo cui ha preso parte, in Italia e all’Estero. Ha insegnato Archeologia e Storia dell’Arte islamica presso l’università di Firenze. È stata direttrice del Servizio dei Beni Culturali di un ente locale, una specie di consorzio di comuni, con sede nei pressi di Saint Malo, nel Nord della Francia. E nel 2013 ha persino creato il Museo Coriosolis in Bretagna. La incontro nel suo ufficio.
Direttrice: «Nel progetto bretone, ho lavorato molto sul territorio.
Le strutture museali devono essere incluse all’interno di un progetto strategico
di sviluppo dei luoghi di cui fanno parte,
in primis sotto il profilo socio-culturale e quindi turistico ed economico. Prenda il MArTa: il museo più importante della Puglia, l’unico ad autonomia speciale della regione, quello che raccoglie molti reperti provenienti un po’ da tutta l’area della Magna Grecia, deve dialogare con il territorio. Dalla mia esperienza francese ho mutuato prima di tutto questo. Vi ho attinto anche una visione di progetto ben determinata.
La comunicazione culturale deve avvenire a più livelli di approfondimento
e rivolgersi a vari tipi di pubblico: al neofita così come al visitatore medio
e allo specialista e soprattutto ai bambini, agli adolescenti o ancora
al pubblico generalista, al pubblico turistico
e anche al pubblico con disabilità.
In particolare, quest’ultimo: la disabilità è per noi un target molto importante».
Myrrha: «Può spiegarci meglio?»
Direttrice: «Nella nostra visione, il museo è inclusivo, è una realtà che parla a tutti e che offre a tutti le chiavi di lettura e di interpretazione del patrimonio. Affinché il messaggio comunicato arrivi a ogni target di pubblico, è necessario che la comunicazione si esplichi in metodologie adatte ad ogni tipo di fruitore, ivi compresa la disabilità.
Un museo accessibile non va inteso solo come un edificio scevro da barriere architettoniche, ma anche come un intreccio di attività mirate.
Qui, noi cooperiamo con associazioni della zona
che si occupano di disabilità specifiche
e di polihandicap:
è grazie a questo che prendono vita dei laboratori multisensoriali pensati per tutti, accessibili al pubblico con e senza disabilità».
Myrrha: «In cosa consistono esattamente?».
Direttrice: «Abbiamo creato un itinerario esperienziale, un racconto del museo, che si avvale di tutti i sensi: la vista, il tatto, l’olfatto, il gusto, l’udito. È un percorso multisensoriale gestito dal nostro staff, affidato dunque alla mediazione umana.
La mediazione, appunto: da una parte, quella digitale dei supporti informatici
(come i touch screen e simili), che sarà presto potenziata;
dall’altra, la mediazione umana, quella in cui crediamo
e che si affianca alla strumentazione tecnica.
Il nostro team si fa mediatore culturale al servizio di tutti i tipi di pubblico. Ho importato anche questo dalla Francia, che, sul piano della valorizzazione, è all’avanguardia, avendo propugnato l’idea che il patrimonio pubblico appartiene a tutti e che noi, operatori scientifici, dobbiamo farci mediatori tra il bene culturale e paesistico e i vari tipi di pubblico che abbiamo davanti».
Myrrha: «Cos’altro, della sua esperienza oltralpe, mette al servizio del MArTa?».
Direttrice: «Altro elemento è sicuramente il management.
Il dirigente non è solo una persona con un curriculum vitae scientifico
(che peraltro è la conditio sine qua non), ma deve avere anche
delle capacità manageriali,
soprattutto in seno ad un museo ad autonomia speciale con l’obbligo di bilancio. Sì, perché noi abbiamo un bilancio nostro, a sua volta collocato in quello più ampio del Ministero dei Beni Culturali, abbiamo il collegio dei revisori dei conti, un consiglio di amministrazione e un comitato scientifico. Qui il management guarda sia alle risorse umane sia ad aspetti di ordine gestionale. Nel quadro delle normative e della legislazione di riferimento, abbiamo creato una struttura dal nulla5.
Detto questo, io sono prima di tutto un’archeologa. Ho un dottorato di ricerca in archeologia: ho fatto parte di équipe di ricerca per molti anni, sul campo, e soprattutto mi sono dedicata allo studio dei materiali e all’elaborazione di progetti museologici e museografici.
La mia figura professionale è quindi l’unione di due componenti, il che in definitiva era alla base della selezione internazionale condotta dal Mibact: si ricercava una persona che disponesse di un curriculum scientifico e di ricerca ed in aggiunta avesse esperienze manageriali e soprattutto competenze in fatto di finanza pubblica (in Francia ho avuto modo di fare una formazione specifica in gestione delle risorse umane e finanziarie). La finalità della riforma era dare ai musei un respiro europeo, puntare sulla valorizzazione là dove si è invece lungamente privilegiata la conservazione dei beni culturali, scommettere sulla vitalità del museo, cui oggi è richiesto di seguire l’evoluzione della società e di essere parte di un tutto, cioè della comunità».
Myrrha: «Nel corso di un’intervista ha dichiarato che “il Museo è del territorio, coinvolgerò l’Università del Salento, specialisti, e studenti. Una gran bella sfida”. Ce l’ha fatta?».
Direttrice: «Voglio evidenziare che fin da subito
il principale obiettivo è stato quello di svolgere un lavoro di squadra:
il team scientifico, quello tecnico, quelli deputati ad accoglienza,
fruizione e vigilanza costituiscono un tutt’uno con la Direzione.
Il lavoro, lo svolgiamo tutti insieme. Ecco, io sono molto grata al personale che mi ha accompagnato fin qui: è stato tutt’altro che semplice passare da una tipologia museale ad un’altra, caratterizzata da una mission ben determinata, da scopi molto diversi e serrati e soprattutto vincolata ad un obbligo di risultati, da obiettivi a breve, medio e lungo periodo che il Ministero ci fissa.
La struttura per tanti aspetti era obsoleta. Tutto era superato, dall’arredamento agli strumenti di attività professionale: il personale era costretto a lavorare in condizioni di obsolescenza. Sono intervenuta su tutto, dagli arredi degli uffici alle postazioni informatiche.
Inoltre,
abbiamo avviato una comunicazione interna il più possibile trasparente
al fine di raccontare, condividere le informazioni, tramite assemblee,
documenti scritti e soprattutto programmi.
Noi facciamo una programmazione annuale, un progetto strategico e programmatico. Per cui dobbiamo anticipare, pianificare e quindi agire».
Myrrha: «Sul sito del Ministero dei Beni Culturali si riporta che il 2017 è stato un anno davvero eccezionale, poiché i visitatori sono aumentati in quattro anni di circa 12 milioni (+31%) e gli incassi di circa 70 milioni di euro (+53%)6. In quanto a tasso di crescita, tra i grandi Musei, quello da Lei diretto si è fatto decisamente notare. Obiettivo raggiunto, dunque?».
Direttrice: «Sono riuscita a raggiungere tali obiettivi grazie al supporto di tutto lo staff, che ha lavorato alacremente, e di tutta la comunità tarantina. Io sono sempre qui: torno poco in Toscana. Avendo poco personale, soprattutto all’inizio, io stessa dovevo fare molto.
Appena sono arrivata a Taranto, ne ho preso la residenza: mi sembrava importante condividere con tale comunità le sue gioie e i suoi dolori.
Fin dall’inizio ho concepito questo progetto, molto ambizioso, come una sorta di missione di vita. Sì, io sono sempre qua, anche nei weekend.
Myrrha: «Perché Taranto?».
Direttrice: «Quando all’inizio si potevano scegliere le sedi, io ho indicato Taranto come prima opzione.
Taranto per tre motivi: primo, perché io sono un’archeologa e per un archeologo
è un sogno dirigere il museo di Taranto,
che possiede una delle collezioni più importanti al mondo e persino dei pezzi unici, quindi un’importanza scientifica innegabile (dopo quello di Napoli, il museo archeologico di Taranto è il più importante d’Italia);
secondo, perché qui è in crisi un intero modello economico e mi interessava partecipare alla proposta di un nuovo concetto di sviluppo complementare,
basato sulla cultura e sulla sostenibilità
(vorrei ricordare che Taranto ha un patrimonio naturalistico considerevole, a cui non si pensa mai: ha fra le colonie di cetacei più importanti del Mediterraneo; un’oasi del WWF, la Palude La Vela all’interno del Mar Piccolo; specie faunistiche rarissime, come alcuni cavallucci marini);
terzo, per via di un legame affettivo, perché ci venivo da piccola
con i miei genitori in vacanza e quindi è un territorio che conosco.
Pur non essendone originaria, ho dei legami di amicizia profondi. Sono terre che ho sempre amato molto. La cultura è il motore della rinascita del Sud: è falso l’assunto che la questione meridionale non esista più. Esiste tuttora, anche se con sfaccettature più complesse. La capofila di una possibile rinascita del Mezzogiorno può essere la Puglia. Il grande progresso, la grande evoluzione di tale Regione è un dato di realtà, innegabile per chiunque. La Regione Puglia dovrebbe ripensarsi, perché è un esempio virtuoso di eccellenza e di best practice. Ciò che la Puglia ha fatto nella cultura è stato determinante».
Myrrha: «Ha detto che la comunità di Taranto l’ha sostenuta. In che senso?».
Direttrice: «Nel senso della partecipazione.
All’inizio il museo veniva visto come una sorta di torre d’avorio invalicabile.
Su questo luogo, che sembrava solo per addetti ai lavori, pendeva
un velo di diffidenza. Progressivamente abbiamo avviato
una politica inclusiva e di apertura.
Innanzitutto le attività didattiche per i bambini: i bambini sono stati gli ambasciatori del museo in città, nel senso che sono stati loro a portare con sé le famiglie, i genitori, gli amichetti.
Fin da subito, abbiamo pensato a programmazioni mensili.
Ad ogni mese un tema: la donna; il cibo; i miti; gli eroi. Ciascun tema è a sua volta declinato a seconda del pubblico destinatario. Mi spiego. Mentre il bambino ha i suoi laboratori didattici sulla determinata trattazione, il pubblico generalista può contare sul percorso permanente con uno specifico approfondimento. Al pubblico degli specialisti si rivolgono invece i mercoledì del MArTa, cioè conferenze tenute da ricercatori o accademici (oltre a giornate di studio e convegni). Ogni settimana, quindi, un microtema si innesta nel tema principale: il museo si orienta così a vari target di pubblico.
E si apre altresì a eventi in coprogettazione con gli attori culturali, sociali
ed economici del territorio, stipulando numerosi protocolli di intesa.
Penso ad esempio alle rassegne musicali come i concerti al MArTa, in collaborazione con il conservatorio Paisiello di Taranto. La collaborazione con Cambusa di Assonautica, un’associazione di cui sono parte Confindustria e Camera di Commercio di Taranto, è stata l’incubatrice per la realizzazione di concerti seguiti da aperitivi finalizzati alla valorizzazione delle eccellenze alimentari del territorio (anch’esse patrimonio da salvaguardare e rilanciare): abbiamo scelto dei produttori locali quali ad esempio alcuni frantoi molto antichi, che insistono su siti d’interesse archeologico, o ancora masserie storiche, oggi impegnate nelle tecniche di coltura biologica. Penso alla sinergia con gli artigiani, primi fra tutti quelli di Grottaglie o ancora quelli che si occupano di tessuti ed oreficeria: ci è sembrata una scelta in sintonia con la celeberrima collezione degli ori di Taranto. Penso infine alle Tarentillae, festival di danza realizzato in collaborazione con Mibact e Teatro Pubblico Pugliese».
Myrrha: «A proposito di musica. Sui social è di recente comparso un post di Medimex7 per pubblicizzare una mostra, in esclusiva italiana, proprio qui al MArTa, dedicata a Kurt Cobain (leader dei Nirvana) e al Grunge8. Che cosa l’ha spinta a realizzare un’idea così discontinua rispetto alla tradizione museale italiana? E che legame ci potrebbe essere tra l’archeologia e uno dei più carismatici frontmen della storia del Rock?»
Direttrice: «La nostra idea dell’archeologia è tutt’altro che passatista. Essa parla e si confronta con la contemporaneità.
La musica ha nel MArTa un luogo d’elezione.
Torno alle Tarentillae ovvero il MArTa riletto attraverso gli occhi degli artisti, del calibro di Peppe Servillo e Danilo Rea chiamati a fare un concerto nel chiostro del museo. C’è un nesso assai stretto tra la musica e le collezioni di Taranto.
Qui la musica è di casa. Le è dedicato tantissimo spazio,
anche in termini di reperti:
al secondo piano è esposta una lira antichissima, della quale oggi è possibile ammirare la sola cassa ricavata dal carapace di una tartaruga. È un reperto prezioso. E poi l’iconografia legata alla musica: si pensi alle rappresentazioni dei culti dionisiaci, forse antenati della Taranta salentina. Cito i grandi intellettuali del passato, come Archita, colui che qui, nell’era prima di Cristo, ha inventato il senso dell’armonia musicale, o Giovanni Paisiello, compositore noto in Italia e all’estero. E sono tutti geni nati a Taranto.
Il museo è aperto al mondo e quindi anche all’evoluzione della società
così come ai nuovi registri musicali.
Siamo contrari al MArTa come mero contenitore o luogo di esposizione e basta. È un fatto di coprogettazione. Medimex si è messa in contatto con MArTa per il tramite del Teatro Pubblico Pugliese e la Regione Puglia: abbiamo iniziato questo rapporto di collaborazione e vorremmo tenerlo nel tempo. Il museo vuol farsi trovare pronto per intercettare l’attenzione di un pubblico molto difficile da captare: quello degli adolescenti. Per questo abbiamo spalancato le porte anche all’arte contemporanea e alle sue espressioni più innovative: dalla penna di Squaz9 ha preso forma, ad esempio, un fumetto dedicato all’Atleta di Taranto10».
Myrrha: «Il MArTa diffonde di sé l’immagine di un luogo realmente vitale. C’è un evento o una manifestazione, di cui va particolarmente orgogliosa?».
Direttrice: «Le Tarentillae. O anche MArTa for Appia, mostra di Paolo Rumiz e Compagni ideata per la valorizzazione della via Appia. O ancora MArTa 3.0, un robusto progetto europeo al quale stiamo lavorando e che prevede la digitalizzazione del Museo con un allestimento ad hoc. Infine, i Tesori mai visti del MArTa , la selezione di alcuni pezzi inediti di proprietà del museo, tesa a consentire agli addetti ai lavori l’approfondimento scientifico e al pubblico la possibilità di ammirarne la bellezza. Vede,
il fatturato più importante che si possa fare è la cultura che si trasmette
ai cittadini e alla comunità come patrimonio ereditario.
D’altro canto, cosa sono le persone se non una comunità di eredità11?».
Già. Cosa sarebbero gli esseri umani senza eredità, senza un patrimonio da tramandare?
Saluto la mia ospite. Mi attardo ancora un po’ nella hall: attorno alla titanica testa di Eracle, il brusio di alcune scolaresche. I bambini, gli ambasciatori della cultura, sciamano e disseminano allegria nelle sale del museo dal nome di donna. L’avvenire della bellezza sarà affidato a loro.
Anche la bellezza di questa città che guarda il mare e che dall’acqua ha sempre tratto forza, fin dai suoi albori. Taranto è allenata da millenni a lottare come il suo Atleta: come lui, pronta a vincere ogni sfida.