AGRICOLTURA IN ROSA UN PRIMATO DEL SUD
Secondo una ricerca della Coldiretti su dati dell’Unioncamere, Sicilia, Campania, Puglia sono in testa alla classifica delle imprese guidate da una donna.
A dire il vero, è un fenomeno che si registra in tutto il Sud. L’Istituto di servizi per il mercato agricolo e alimentare – ISMEA – rileva che
a fine 2018 la quota era superiore al 50 per cento, con 109 mila imprese
(su 214 mila iscritte al registro delle imprese). Dato confermato nel 2019 dalla Coldiretti, grazie ad una ricerca dell’osservatorio dell’imprenditoria femminile dell’Unioncamere-Infocamere. Al primo posto, la Sicilia con oltre 25 mila aziende, seguita dalla Puglia con quasi 24 mila e dalla Campania con più di 22 mila. Coldiretti ci segnala anche che nel Mezzogiorno il rapporto tra uomini e donne è di 1 a 2, mentre al Nord è 1 a 4. Non è finita, perché nel meridione (nel 2018) si è registrata la maggior nascita di nuove iniziative femminili. Ben 5 mila e spiccioli, il che ha riequilibrato il rapporto generale tra nuove iscrizioni e cessazioni di impresa.
Leggendo tra le righe delle fredde cifre, si osservano fenomeni sociali interessanti.
Intanto, queste imprenditrici rurali sono donne che hanno scelto di esserlo.
Sono poche quelle che hanno ereditato il campicello dal padre, o vivono la campagna come un ripiego alla mancanza di un altro tipo di lavoro. Addirittura ci sono casi di fior di professioniste che lasciano le comodità dell’ufficio per la vita all’aria aperta.
E questo è un cambiamento sociale e di costume non da poco.
Fino agli anni 70 del ‘900 (o forse anche più in là) “mogli, figlie e nuore lavoravano nei poderi per i maschi, le mondine per il mediatore, le braccianti per un caporale” (Marta Boneschi, Santa pazienza, Mondadori 1998). Mondine a parte, il resto era quanto mai vero in un Sud patriarcale quale era; e per quelle che lavoravano in famiglia, non c’era neanche la paga.
Adesso a comandare sono loro.
Il pianeta rosa si è dimostrato il più preparato a recepire i cambiamenti.
Fantasia e innovazione, differenziazione dei prodotti e dei servizi
sono state le armi vincenti.
In Puglia per esempio, le imprese femminili rappresentano il 23 per cento del totale delle nuove iscrizioni al registro delle imprese e secondo la Coldiretti Puglia – Donne Impresa, è “perché risultano capaci di adeguarsi alla richieste del mercato e dei consumatori, cambiando, se necessario, addirittura attività produttiva”. Stesso discorso per la Sicilia e per la Campania, dove solo nella provincia di Benevento – tanto per fare un esempio – le imprese “rosa” lo scorso anno rappresentavano il 19% del totale regionale.
Infatti il boom dell’agriturismo, soprattutto al Sud, è dovuto proprio a loro,
che ne gestiscono il 62 per cento contro il 38 degli uomini. Ed è un fenomeno in continuo aumento: ad oggi la crescita – in Puglia – è del 39 per cento contro il 35 del 2009, secondo i dati Istat. Ce lo dice una indagine condotta da Agriturismo.it, il sito leader del settore, fatta con la collaborazione dei Coldiretti-Donne Impresa.
Il fatto è che l’universo femminile ha rivoluzionato quello agricolo.
Dagli agriturismi siamo passati agli agriasili, alle fattorie didattiche, dove i bambini di città vanno a vedere dal vivo animali che hanno visto solo alla televisione o sul web. Agli orti didattici, dove le signore della terra insegnano a quelle dell’ufficio come nasce una patata. Ai percorsi rurali di pet-therapy, dove si possono esprimere i bambini meno fortunati.
Coldiretti ci fa notare che le donne sono anche leader nell’agricoltura
a basso impatto ambientale, nel recupero delle piante
e degli animali in via di estinzione.
Nell’attività imprenditoriale agricola le donne – evidenzia la Coldiretti – hanno dimostrato capacità di coniugare le sfide del mercato con il rispetto dell’ambiente, la tutela della qualità della vita, l’attenzione al sociale, a contatto con la natura, assieme alla valorizzazione dei prodotti tipici locali e della biodiversità.
C’è da tener presente che la gestione dei campi e degli agriturismi consente ad una donna di badare ai figli più agevolmente. E che tradizionalmente, la donna cucina.
L’imprenditrice agricola ha imparato dalla mamma e dalla nonna a fare arancini e orecchiette. E la buona cucina, si sa, è uno degli atout negli agriturismi.
Ma la rivoluzione dell’altra metà del cielo non si è fermata qui. Sono nate le associazioni delle signore del vino che hanno giocato la carta della sostenibilità, della tutela ambientale e della bellezza del paesaggio. E pure quella dei prodotti cosmetici a base di uva. Hanno puntato anche sull’estetica della bottiglia. In questo modo, in Campania, tanto per citarne una, in poco tempo le imprese agricole femminili sono passate dal 34,8% al 37,6% (la media nazionale si attesta intorno al 29%). E’ facile capire perché il 94 per cento si ritiene soddisfatta a livello personale e il 44 anche a livello economico.