Ma allo stesso tempo il Pascale è la prova che ognuno deve fare la sua parte, che tutte le professionalità sono fondamentali nell’erogazione di servizi di qualità per i cittadini.
Il binomio cura e ricerca raggiunge risultati eccellenti nel centro partenopeo, risultati misurati con indicatori bibliometrici, in molti settori dell’oncologia, rappresentando non quella “speranza trappola”, ma una speranza opportunità per tutti i malati.
La presenza di un istituto sanitario di eccellenza fa bene anche alla salute dell’economia del territorio. Senza assecondare una retorica buonista, la sanità è anche (casomai non solo!) un settore economico assai rilevante. La produzione del valore salute non può essere sottratta alle regole della produzione industriale dei servizi, anche sanitari, soprattutto se si tratta di prestazioni ospedaliere. Ecco l’importanza di aver adottato buone pratiche anche sul versante amministrativo. Le ricadute economiche sul territorio della filiera sanitaria sono consistenti non soltanto in uscita, quando cioè i pazienti locali sono costretti alle migrazioni sanitarie, ma anche in entrata, quando i servizi sono erogati in favore di utenti provenienti da altri territori.
La sanità infatti è un servizio naturalmente a vocazione territoriale e l’ospedale come industria non può essere delocalizzato!
Il Pascale fornisce così un’importante opportunità di cure ai cittadini del sud per un gruppo di patologie tra le più gravi e invalidanti e che, peraltro, assorbono più risorse in ragione della “residenzialità” delle patologie oncologiche.
L’auspicio per il futuro è che la grave sofferenza patita dal Sistema sanitario nazionale sia il motore di una razionalizzazione delle risorse e non di un mero e acritico razionamento, l’occasione per ammodernare l’amministrazione sanitaria o addirittura riformarla. Che le eccellenze come il Pascale possano continuare il loro lavoro sul territorio e per il territorio. L’eccellenza è tale, infatti, solo se accessibile. Se cioè è in grado di rispondere efficacemente alla domanda di servizi sanitari che si forma prima di tutto nella comunità di riferimento della struttura e poi altrove, se si è capaci di sviluppare mobilità sanitaria attiva.
L’esempio dell’Istituto partenopeo è un’esperienza in controtendenza nel panorama di un’amministrazione pubblica screditata agli occhi dei cittadini e un suggerimento per il futuro: investire nell’economia della conoscenza.