ERCOLANO FINALMENTE DECOLLA CON LA FORMULA PUBBLICO-PRIVATO di Giorgio Salvatori – Numero 3 – Gennaio 2016

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Ercolano torna a vivere. Ecco un’altra eccellenza del Sud ignorata, o quasi, dai grandi media nazionali.
Da quest’anno lo straordinario sito archeologico campano si offre al pubblico con un significativo 40 per cento in più di aree aperte ai visitatori che, rispetto al 2000, sono aumentati di circa 150mila unità. Per l’esattezza, 384mila contro i 247 mila conteggiati all’inizio del terzo millennio. Un risultato eccezionale. Effetto della ”cura Packard” e della sinergia pubblico privato che sta dando ottimi risultati.

Perchè proprio Ercolano, e non Pompei, è stata scelta dal facoltoso mecenate americano per sperimentare una collaborazione internazionale mai tentata prima e, apparentemente, così difficile e delicata?

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ERCOLANO FINALMENTE DECOLLA CON LA FORMULA PUBBLICO-PRIVATO

 

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Tutto è cominciato nel 2001 quando David W. Packard, noto filantropo statunitense, fondò l’Herculaneum Conservation Project. Obiettivo: sostenere lo Stato Italiano attraverso la soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei, nell’opera di tutela e di valorizzazione del sito di Ercolano. Il progetto si avvale della collaborazione di un team di archeologi italiani e stranieri ed ha il supporto della British School di Roma.

Almeno per due buone ragioni: la prima è che l’area di Pompei è vasta 10 volte quella dello scavo di Ercolano: quindi, quest’ultimo si prestava e si presta meglio ad un’azione di sostegno, con risultati visibili, in tempi rapidi. La seconda è che Ercolano, dimensioni a parte, non è meno importante di Pompei e, anzi, presenta caratteristiche uniche e preziose, più preziose ancora di quelle riscontrabili a Pompei. Quali? Ad esempio il fatto che a Ercolano, a differenza di Pompei, è possibile studiare la composizione della popolazione attraverso gli scheletri ben conservati delle persone sorprese dalla nube di ceneri e gas roventi che li investì durante l’eruzione del Vesuvio del 79 avanti Cristo (la stessa che sommerse la popolazione di Pompei). In più c’è da notare che

Si tratta di un successo incontestabile, frutto della volontà di tutti gli artefici dell’accordo – Ministero dei Beni Culturali, Soprintendenza, Fondazione Packard – di lavorare insieme, senza riserve e inutili protagonismi.

Una condizione unica rispetto non soltanto a Pompei, ma anche a qualsiasi altra area archeologica del mondo. Non nasconde la sua soddisfazione Massimo Osanna, Soprintendente Speciale per Pompei Ercolano e Stabia.

In gioco c’è la salvaguardia di un bene comune dal valore inestimabile, fonte di scoperte continue e laboratorio archeologico-didattico senza precedenti.
L’auspicio di Myrrha è che l’esempio del progetto di Ercolano possa essere seguito anche altrove, in Italia. Per non far deperire, irresponsabilmente, vestigia e memoria storica del nostro prodigioso passato.

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solo a Ercolano la stessa nube ardente avvolse, ma non distrusse mobili e arredi. Questi ultimi, anzi, restarono sostanzialmente intatti, nelle loro forme originarie, nelle case private e nei luoghi pubblici della città.

 

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