ANTONELLo da messina versus hieronymus bosch
soprannome di Antonio di Giovanni de Antonio, nato a Messina nel 1430 e ivi morto nel 1479, è il più grande pittore del Mezzogiorno d’Italia non solo del 1400 ma, secondo me, di tutti i tempi.
La sua arte riesce a fondere ed equilibrare la luce, l’atmosfera e la meticolosità dei dettagli, propri della pittura fiamminga, alla costruzione prospettica degli spazi, desunta essenzialmente da Piero della Francesca e Guido d’Arezzo, nonché alla maestosità delle figure e dello scenario, assimilato da Giovanni Bellini.
La sua profonda conoscenza dell’arte fiamminga risale al 1450, quando lavorava da apprendista a Napoli nella bottega del pittore Colantonio, ove ebbe modo di conoscere molti maestri fiamminghi (oltre agli spagnoli e ai provenzali), che lavoravano in quella metropoli, specie nella corte angioina prima e aragonese poi; inoltre, nei palazzi reali e della nobiltà ha potuto ammirare capolavori di quelle scuole. Dallo studio attento di quei Maestri, particolarmente di Petrus Christus, Hans Memling, Jan van Eyck e Jean Fouquet, apprese a dipingere su tavola, ad usare (uno dei primi in Italia) la tecnica a olio e la loro costruzione della ritrattistica.
La tecnica a olio, consentendo di stendere trasparenze di colore in successione, ottiene effetti di luce, luminosità, morbidezza e precisione che non si possono realizzare con la pittura a tempera.
La scuola fiamminga non orienta i ritratti di profilo (come la nostra pittura), ma di tre quarti, il che consente di effettuare una profonda analisi fisica e psicologica dell’effigiato. Rispetto ai Maestri fiamminghi che lo avevano preceduto e di quelli a lui contemporanei,
Professore, il suo è un nome internazionalmente noto nel campo della medicina, come mai ha scritto un poderoso libro su un pittore, per di più fiammingo?
Fin dai primi anni di scuola ho avuto una grande passione per le discipline umanistiche, che ho coltivato leggendo, viaggiando molto e trascrivendo le osservazioni, le meditazioni e i pensieri su carta, con il risultato che ho pubblicato trentaquattro volumi oltre a un gran numero di articoli.
Bosch, come spiego dettagliatamente nell’introduzione, mi ha abbagliato dal 1966. Ho visto tutti i suoi dipinti e molti disegni, e ho ricercato sul posto tutti i documenti reperibili, approfittando di essere stato consulente della Comunità Europea per circa due anni e di essere stato insignito della laurea honoris causa per i risultati delle ricerche scientifiche mediche.
Professore si sente totalmente italiano o parzialmente contaminato da altre nazionalità?
Mi sento profondamente italiano, lucano da parte di padre e romano di madre. Non posso però dimenticare di essere cittadino europeo e di tutto il mondo. La bellezza, la cultura e la verità sono universali. Il Presidente Ciampi mi ha insignito della medaglia d’oro cui tengo di più tra le tre ricevute: “Benemerito della Scienza, della Cultura e dell’Educazione”. La mia nascita mi colloca prevalentemente nel meridione della Penisola, al quale ho sempre riconosciuto grandi qualità che un regno sempre arretrato rispetto al resto dell’Italia non ha consentito di far sbocciare come merita e come dimostrano le eccellenze fiorite nel Sud, come Antonello da Messina, oggetto del mio ultimo saggio. Dopo l’Unità di Italia, specie con l’istaurazione della Repubblica, si sono fatti grandi passi avanti rispetto alla storia precedente. Sono certo che in futuro si riusciranno a integrare le due parti dello Stivale, anche se il processo sarà lungo e complesso, soprattutto perché non favorito dalla legislazione delle regioni e delle province.
Professore, ci parli adesso del suo volume e perché ha scelto Antonello da Messina come eccellenza da confrontare con Bosch.
Si tratta di un volume alla II edizione dopo 7 mesi dalla prima, di 532 pagine, di cui 138 illustrazioni a tutta pagina, 99 di esse a colori: un’introduzione, ventidue capitoli, un commento descrittivo, note al testo e catalogo delle opere. Bibliografia, una nuova prefazione del Prof. Strinati e una nuova presentazione del Prof. Massari. Ho esposto tutte le notizie storicamente documentate e le ho fuse con quelle da me intuite sulla base dei dipinti, della storiografia della sua città natale Hertogenbosch delle Fiandre e di tutta Europa dal 1450 al 1516. Ho scritto in prima persona, come se fossi il pittore, e al presente storico. Ho espresso tutta la narrazione sotto forma di vivaci dialoghi che rispecchiano il pensiero dei suoi tempi di transizione tra Medioevo e Rinascimento, affidandomi a vari personaggi, in primis a Erasmo da Rotterdam, che aveva studiato nella sua stessa scuola e di cui, come desunto dalle rispettive opere, condivideva molti argomenti, quali la follia, il libero arbitrio, la critica alla decadenza morale, specie del clero, e il rigetto del riformismo delle sette. Ho acquisito notizie complete sull’albero genealogico che mi hanno consentito di farlo dialogare con tutti i suoi familiari. Ho ritenuto che nella genesi delle incredibili visioni giocasse oltre a una fantasia eccezionale l’uso delle droghe vegetali dette delle streghe, di cui ho riportato ricette e meccanismo di azione. Infine ho descritto nel capitolo X un compendio di alchimia, nel capitolo XII di magia e stregoneria, desunto dai resoconti di processi inquisitori per queste pratiche; di simbolismo poi ho parlato in tutto il volume, come dei proverbi fiamminghi.
Per quanto riguarda la scelta di Antonello da Messina per un confronto con Bosch, questa non è stata motivata dai contenuti visionari che nelle opere del pittore siciliano non compaiono, ma dall’aria di mistero e dalla costruzione delle figure e dallo stile, che in Antonello non si limita all’arte fiamminga, ma la fonde con rara abilità alla prospettica spaziale della scuola italiana, come del resto ho spiegato nel saggio.
Grazie professore
Antonello dedica minore attenzione al dettaglio, privilegiando la caratterizzazione psicologica e umana, come avverrà nelle opere di Bosch, esprimendo all’esterno – specie nel volto – quello che avviene nell’intimo.
Lo schema compositivo fiammingo del ritratto, in cui Antonello rifulge, è caratterizzato come segue. L’effige è immersa sempre in uno sfondo scuro per farla risaltare maggiormente. II busto viene tagliato sotto le spalle, la testa girata verso destra, gli occhi guardano direttamente lo spettatore, cercando di ottenere un contatto psichico con lui, la luce illumina il lato destro del volto, lasciando il sinistro in un’ombra misterica, proprio come quella che avvolge le figure boschiane. Di Antonello si ammirano svariati splendidi ritratti, eseguiti con quest’archetipo; da notare che dopo “L’uomo di Cefalù” (1460) il Maestro aggiunge, come i fiamminghi, una balaustra in basso, su cui appoggia un cartiglio che riporta firma e data, tipico elemento fiammingo.
Nel 1460 Antonello da Messina dipinge la Crocefissione detta di Sebiu (si trova nel Museo d’Arte di Bucarest), molto interessante sia perché consente di confrontare la tecnica italica con quella fiamminga, non ancora fuse tra loro, sia per comparazione con opere analoghe di Bosch.
Negli anni successivi Antonello risale l’Italia, toccando Roma, la Toscana e le Marche, venendo sicuramente a contatto con le opere di Piero della Francesca, dalle quali mutuò la salda monumentalità e la capacità di organizzare lo spazio secondo le regole geometriche della prospettiva lineare.
i raggi luminosi con quelli prospettici; il loro centro è rappresentato dal busto e dalle mani del santo al lavoro nel suo studio, ingombro di libri e di oggetti, meticolosamente rappresentati. Oltre ai libri e ai simboli (come il pavone in primo piano) va anche rilevata la costruzione dello spazio, illuminato da diverse fonti di luce secondo l’esempio fiammingo.
Per la sua bellezza senza tempo, il colore del manto e lo sguardo, questo dipinto può essere ritenuto un’opera misteriosa ed enigmatica, come quelle di Hieronymus Bosch, e di buon diritto rappresenta uno dei traguardi fondamentali della pittura rinascimentale italiana. La bellezza formale, lo sguardo magnetico e la mano sospesa in una dimensione astratta ne fanno un capolavoro assoluto.
Nel 1479 muore a Messina, ove viene sepolto nella Chiesa di Santa Maria Superiore. Le sue opere, sparse tra i più importanti Musei e collezioni di tutto il mondo, lo faranno rivivere in eterno.