Myrrha ha sposato la prima tesi. E a sostegno della sua convinzione ha deciso di schierarsi al fianco di tutti quei giovani (e meno giovani) che, nel moltiplicarsi delle iniziative a favore di una nuova etica politica, economica e sociale, scendono in piazza per affermare, soprattutto al Sud, il diritto-dovere di voltare pagina. Non la pensa così, com’è noto, Ernesto Galli della Loggia, storico e politologo, uno dei maggiori “maitre a penser” italiani. Lo incontro sul freccia d’argento Bari- Roma. Gli ricordo, con stupore misto ad amarezza, la sua apodittica sentenza di condanna, espressa dalle colonne del Corriere della Sera, nei confronti della società civile meridionale, giudicata, nella sua interezza, priva di coraggio, di voglia di cambiare, di desiderio di battersi contro sprechi, mafie, inefficienza e corruzione. Non stupisce molto l’elenco delle prove (Corriere della Sera del 21 dicembre scorso) che Galli della Loggia produce a sostegno della sua accusa: disoccupazione doppia rispetto alla media nazionale, crollo delle iscrizioni universitarie, reddito individuale e familiare da terzo mondo, record di presenza di organizzazioni criminali, assenza di iniziative politiche e sociali efficaci contro il prosperare del malaffare. Sorprende, invece, la sua rassegnata consapevolezza della sconfitta. Provo ad elencargli gli esempi di contrasto, le manifestazioni anti-pizzo, i cortei degli studenti. Mi risponde citando Benedetto Croce e aggiunge: “I giovani si agitano, scendono in piazza, occupano e disoccupano, poi si disperdono in mille rivoli per essere riassorbiti dalla stessa palude che li ha espressi o per avere la sola scappatoia dell’emigrazione, dell’espatrio, della “fuga dal Sud”. Nessuna speranza allora? “I giovani”, mi ripete come un mantra, “devono solo invecchiare”. Lo incalzo: ci sarà pure una ricetta, una possibilità di riscatto che Lei intravede per il Meridione, e qualcuno, se non una generazione, un gruppo, una classe, un élite, disposta a rischiare…Non mi fa continuare. “Le ricette lasciamole ai politici. Il riscatto è una parola che non mi piace”. Non mi arrendo e ribatto: “Mi consenta di ricordarle, Professore, che ci sono strade lastricate di vittime, meridionali, della mafia, persone che si sono opposte consapevolmente, alla piovra. Anche loro prive di coraggio, di voglia di cambiare?” “Mi creda”, è la sua replica, “non è cambiato nulla e non cambierà nulla. I comitati e le associazioni anti-camorra e anti-mafia esistono da decenni e la situazione non solo non è mutata, ma, anzi, è peggiorata”. Provo a contrattaccare: “Mi scusi, forse non c’è compiacimento, una specie di “cupio dissolvi” in questa sua analisi, cupa, dei mali del Meridione, ma, come italiano, non si sente mutilato, annichilito, umiliato dalla supposta deriva del Sud verso latitudini più distanti dall’Europa?” “Sì, ma non posso farci nulla”. “Eppure”, ribatto, “Sono convinto che ci sarà una via d’uscita che lei auspica per il nostro Meridione”. “L’unica, improbabile, via d’uscita è nelle mani degli elettori del Sud. E’ dalle urne che può venire il cambiamento. Il voto è il solo strumento per portare al governo delle 8 regioni meridionali e in Parlamento, rappresentanti degni di questo nome, capaci di difendere interessi collettivi e non di parte, di farlo con onestà e competenza, al servizio della società civile e non dei vecchi poteri clientelari”. Professore, “Mi fa tornare alla mente le “possibilità sepolte sotto una pietra” di cui parlava Kafka nei suoi diari. E’ comunque una chance per il Sud, dopo il cupo presagio di morte che lei ha profetizzato, per il Meridione, sul Corriere della Sera. Grazie della conversazione. Ne posso riferire dalle colonne di Myrrha?” “Certamente, ma non è banale?” “Mah! Forse è solo uno scambio, frettoloso, di punti di vista” – concludo – “Però non è banale né il problema del futuro del Sud e neppure il suo pensiero sul malessere della società italiana contemporanea. Buon viaggio!” “Arrivederci”.